Il 7 novembre scorso Daniel Ortega e Rosaria Murillo, marito e moglie, sono stati ampiamenti confermati come presidente e vicepresidente del Nicaragua, mentre a livello parlamentare il Fronte sandinista avrebbe raccolto grosso modo tre quarti dei voti in un’elezione alla quale secondo i dati ufficiali la partecipazione è stata del 65%, mentre l’opposizione (che li aveva boicottati) sostiene che l’astensione è arrivata sino all’80%.
Secondo verifiche che abbiamo fatto sul posto, la verità sembrerebbe essere più vicina alle cifre proclamate dal governo.
Anche tra chi ha sempre sostenuto nel passato la rivoluzione sandinista, questa volta l’esultanza per la quarta conferma del duo Ortega-Murillo è stata, per dirla in modo diplomatico, molto contenuta. Non c’è dubbio difatti che il procedimento elettorale sia stato in gran parte falsato da una serie di irregolarità: dall’arresto, per motivi mai ben chiariti, di alcuni possibili candidati, all’esclusione per ragioni sempre altrettanto oscure di diversi movimenti di opposizione.
Tutto ciò non si giustifica né con il fatto che nella regione la democrazia è una merce molto scarsa né con i postumi dei tragici avvenimenti della primavera del 2018. Ricordiamo che allora, dopo che squadre della gioventù sandinista avevano disperso senza molti complimenti un gruppo di anziani che protestava contro l’aumento delle tasse per la pensione, c’era stato un moto di rivolta abbastanza ampio soprattutto tra gli studenti, poi rapidamente recuperato e diretto da forze clerico-fascistoidi, con naturalmente Washington che soffiava sul fuoco. L’estrema violenza dello scontro lasciò sul terreno all’incirca 350 vittime, che secondo le nostre testimonianze si sono divisi all’incirca a metà tra i due campi opposti. Alla fine il governo ebbe la meglio, anche perché gran parte dell’opinione pubblica abbandonò gli oppositori, dopo che questi avevano portato il paese sull’orlo della bancarotta e della fame con un blocco totale delle comunicazioni.
Quello che però molti commentatori nostrani che si limitano a gridare al «dittatore Ortega» (magari subito dopo aver giustificato la guerra americana in Afghanistan) dimenticano, è che in Nicaragua sicuramente una parte importante della popolazione continua a sostenere il sandinismo, anche nella sua strana versione attuale, al di là del sempre meno popolare duo Ortega-Murillo. Questo perché soprattutto gli strati sociali più diseredati, che erano stati portati alla fame dai governi neoliberali tra il 1990 e il 2007, ora stanno parecchio meglio, grazie ai tanti programmi sociali portati avanti con notevole successo dal governo.
Sul posto tutti sanno per esempio che il Nicaragua è l’unico paese della regione dove non si deve pagare per andare dal medico o in ospedale e dove oltretutto la criminalità è molto bassa in una parte del mondo – il centroamerica – che ha il più alto tasso di omicidi. Questi fatti possono sembrare bazzecole solo ai radical chic, i quali quasi mai poi si stracciano le vesti per le fosse comuni in Colombia, i massacri di Pinera in Cile o le derive altrettanto autoritarie di praticamente tutti i governi centroamericani.
E sui criteri di democraticità delle elezioni poi prevale spesso un atteggiamento un po’ feticista: basta che ci siano più partiti e poi l’affare è fatto. Anche se, tanto per fare un esempio, in Gran Bretagna basta il 42% circa di suffragi per avere la maggioranza assoluta in Parlamento. Quindi come è sempre stato per la Signora Thatcher governare avendo la maggioranza della popolazione contro di lei.
Se una simile legge elettorale l’avesse fatta Maduro, apriti cielo…