I viaggi in otto stati del sud degli Stati Uniti, dove il ricordo della guerra civile (1861-1865) e la nostalgia per il vecchio Sud schiavista non sono ancora completamente tramontati.

Marco D’Eramo, laureato in fisica teorica, ha poi intrapreso studi sociologici come allievo di P. Bourdieu ed è stato durante molti anni corrispondente negli Stati Uniti per il Manifesto.
Ha pubblicato molti saggi, in cui ha scandagliato soprattutto i conflitti economici ed ideologici, interni al mondo occidentale, ma ultimamente si è occupato anche molto di turismo di massa.
Su questo ultimo tema ha recentemente concesso un’interessante intervista a Federica Bassi per Area (13.09.2024, pag. 9).

Tra i contributi più importanti della sua saggistica politica avevamo già recensito nel passato un suo libro fondamentale “Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi” Feltrinelli, 2020 (Quaderno n. 30, pag. 13, 2021), nel quale si poneva la domanda come mai il neoliberismo, che ancora all’inizio degli anni ’50 era rappresentato da un paio di ideologi che trovavano posto riunendosi nella classica cabina telefonica, avesse poi conquistato il mondo.
Egli dimostrava come il tutto era partito da enormi investimenti programmati sistematicamente da multimiliardari statunitensi, che avevano dapprima conquistato una dopo l’altra le cattedre universitarie che contano ed in seguito i grandi media.

Nel libro che stiamo recensendo adesso invece D’Eramo, con un tono molto più giornalistico, racconta i viaggi in otto stati del sud degli Stati Uniti, dove il ricordo della guerra civile (1861-1865) e la nostalgia per il vecchio Sud schiavista non sono ancora completamente tramontati.
In una serie di capitoli brevi e di facile lettura D’Eramo racconta, incontrando centinaia di persone molto diverse (dai sindacalisti ai reverendi, dagli imprenditori agli impiegati in vari casinò), la complessità storica, sociale e umana dei vari luoghi.

Venendo alla situazione odierna, egli porta una serie di esempi illustrativi che dimostrano come “la mentalità da piantagione, di proprietari di schiavi, ed il rapporto paternalistico ed autoritario” sopravvive ancora da quelle parti e si è ora allargato con l’innesto dell’ideologia neoliberista.
A tutto ciò non poteva non aggiungersi la tematica complessa dei fondamentalismi religiosi, molto influenti a quelle latitudini, tenendo conto che gli Stati Uniti sono stati in fondo creati su basi integraliste.

In una serie di episodi tragicomici D’Eramo fa rivivere una realtà di bigottismo reazionario e folcloristico, che a noi europei suscita grosso sconcerto.
Altrettanto seria e ben documentata è l’analisi del razzismo, che sopravvive in tutti gli Stati Uniti, ma nel profondo Sud è più presente e soprattutto più evidente.
D’Eramo arriva a definire in modo lapidario gli Stati Uniti come risultato di una miscela tossica di razzismo, bigottismo e neoliberismo.
Il titolo provocatorio “I Terroni dell’Impero” evoca naturalmente la situazione sempre più disastrosa del sud d’Italia, in parte simile a quanto sta avvenendo nel sud degli Stati Uniti, dove grandi multinazionali vengono attratte da quello che egli definisce “il caporalato postmoderno”.

Proprio nell’avvicinarsi alle prossime elezioni presidenziali, soprattutto dopo il colpo di scena dell’entrata in gara di Kamala Harris, la lettura molto piacevole di questo saggio di Marco D’Eramo può essere utile per capire d’una parte la storia della situazione molto complessa degli Stati Uniti, ma soprattutto perché da quelle parti ancora oggi Donald Trump possa farla da padrone.
Per capire ciò, invece di seguire noiosi talk-shows o spiegazioni molto contorte di pseudo-esperti, è più utile leggere alcuni brevi e godibili capitoli di questo libro come, tanto per fare degli esempi “La storia si è fermata a Charleston” o, per quanto riguarda il Tennessee “Chattanooga la devota” o passando alla Louisiana “Qui anche l’uragano è razzista”.

Buona lettura.