Marzio Mian è un giornalista che ha compiuto una serie di inchieste in molti paesi sia per media italiani che internazionali. Nel 2023 ha ottenuto a Berna il True Story Award, premio per il miglior reportage internazionale. È stato corrispondente di guerra a Sarajevo, ma ha compiuto anche lunghi reportage p. es. con un avventuroso viaggio lungo il Mississippi.

Questo libro, che si legge tutto d’un fiato, è particolarmente interessante nella congiuntura geopolitica attuale. Mian racconta difatti il suo viaggio, fatto assieme ad un collega e a due “russi qualunque”, durante quattro settimane, lungo i seimila chilometri dalla sorgente del Volga (a nord di San Pietroburgo) sino ad Astrachan, dove finisce nel Mar Caspio.

Viaggio fatto senza richiedere un permesso, che probabilmente non avrebbe ottenuto, quale giornalista e quindi segnato da tutta una serie di avventure abbastanza straordinarie.

Scopo del viaggio era scoprire la Russia profonda, al tempo della guerra in Ucraina, dello scontro geopolitico furibondo con la NATO e dell’affermarsi in quello sterminato paese dell’ideologia fascistoide-reazionaria di Putin. “Dagli incontri fatti lungo il viaggio, una verità è certamente emersa: per la Russia siamo diventati un nemico”.

Questa è la conclusione senza appello a cui arriva dopo quattro settimane passate senza mai incontrare un solo straniero occidentale, parlando con tutti, dai filosofi agli invalidi appena ritornati dalla guerra nel Donbass.

Da molti di questi colloqui traspare quella netta impressione, che ho avuto anch’io recandomi in Russia e nei paesi ex-sovietici dell’Eurasia dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. E cioè che la cura di cavallo ordinata allora dalla Banca Mondiale e da FMI con un passaggio brusco ad un capitalismo feroce e senza limiti, abbia avuto sulla psicologia della popolazione russa lo stesso effetto devastante degli scellerati accordi di Versailles sulla popolazione tedesca dopo la fine della 1a Guerra Mondiale. In Germania la crisi sociale ed il senso di frustrazione generalizzato che ne derivò, favorì molto l’ascesa al potere di Hitler.

Lo stesso è capitato in Russia con Putin, vissuto da gran parte della popolazione come l’unico in grado di tener testa all’Occidente, al quale viene attribuita la responsabilità per la cura da cavallo subita. Questo spiega anche come mai Putin venga spesso accoppiato a Stalin, di cui si sono in buona parte dimenticati i crimini, ma che oggi è ritornato popolare perché trasformò l’Unione Sovietica in una grande potenza, che seppe sconfiggere Hitler nella Grande Guerra patriotica costata ai sovietici ben 27 milioni di morti.

In un incredibile revisione storica, Putin fa invece di tutto per far dimenticare Lenin: Mian descrive come la casa paterna di quest’ultimo a Uljanovsk, una volta metà di pellegrinaggi incessanti, sia oggi visitata ormai solo dai turisti cinesi. La crociata anti-Occidente di Putin si basa però anche su un impressionante revival della Chiesa ortodossa russa, raccontato in dettaglio con tutta una serie di esempi da parte di Mian.

Oltretutto è la parte più reazionaria e quasi medievale di questo mondo religioso a prevalere: per molti addirittura il patriarca Kirill, sanzionato in Occidente per il suo appoggio a Putin, viene considerato troppo moderato, perché ha osato incontrare il Papa.

Per molti difatti Occidente e cattolicesimo si completano a vicenda e c’è chi addirittura ricorda il saccheggio di Constantinopoli del 1204 da parte dei Crociati! È evidente che con il suo viaggio di 6.000 chilometri lungo il Volga l’autore ha attraversato soprattutto quella Russia profonda, in gran parte ancora contadina, che nonostante 70 anni di comunismo è rimasta ancora parecchio ancorata a concezioni anti-moderniste, sistematizzate ed approfondite da ideologi reazionari e fascistoidi come Dugin. Per questo, come diciamo nell’editoriale di questo Quaderno, Putin e Trump risultano essere due facce della stessa medaglia.

The Donald, ampiamente minoritario nelle grandi città della costa est ed ovest degli Stati Uniti, spopola nel Midwest retrogrado e nella cosiddetta cintura biblica dove spopolano gli evangelici fondamentalisti, altrettanto reazionari del loro equivalente ortodosso in Russia. E questo con buona pace dei rossobruni locali, che sempre più spesso non riescono a nascondere la loro simpatia ora per l’uno, ora per l’altro dei due autocrati.