Sullo storico campus di Harvard, a Cambridge, Massachusetts, si è tenuta la cerimonia di laurea – la 374ma dell’ateneo più antico del paese, fondato più di un secolo prima dell’indipendenza dall’Inghilterra. Quest’anno la cerimonia ha avuto il senso di una resistenza esistenziale di fronte all’attacco frontale portato dal regime all’università simbolo e attraverso di essa al sistema accademico del paese.

Ad oggi il governo Trump ha annunciato quasi tre miliardi di dollari in tagli ai finanziamenti pubblici, borse di studio e contratti di ricerca con l’ateneo come ritorsione per il rifiuto degli amministratori universitari di adeguarsi alle direttive contro i programmi di pari opportunità (Dei) e la modifica dei programmi e contenuti dei corsi.

LE IMPOSIZIONI sono motivate con «l’incompatibilità con le priorità» del governo e il pretesto dell’«antisemitismo» già utilizzato per giustificare simili rappresaglie contro la Columbia e altre università. Quest’ultimo teorema è prescritto dal Project Esther, un documento programmatico stilato dalla Heritage Foundation (lo stesso think tank che ha prodotto il famigerato Project 2025). Il «piano operativo» Esther aveva come obbiettivo primario quello di stroncare il movimento studentesco contro l’eccidio di Gaza e suggeriva, già a fine 2023, di arrestare e deportare studenti stranieri, usando la sospensione dei finanziamenti come strumento coercitivo per ridurre le università alla ragione di stato.

LA SCORSA SETTIMANA, con una lettera della ministra della sicurezza, Kristi Noem, Harvard si è vista revocare il «privilegio» di iscrivere studenti stranieri (oggi compongono circa un quarto del corpo studentesco). A differenza di altri atenei come la Columbia, che hanno adottato misure per adeguarsi alle richieste, Harvard è ricorsa in tribunale dichiarando che le imposizioni del governo sono palesemente illegali e lesive dei più elementari diritti di pensiero ed espressione nonché eccedenti l’autorità esecutiva del presidente. I giudici hanno emesso ingiunzioni preliminari che hanno per ora sospeso i provvedimenti punitivi, l’ultimo ieri in un tribunale di Boston, ha temporaneamente bloccato lo stop agli stranieri. Gli ordini giudiziari hanno fatto infuriare il presidente che mercoledì ha rincarato, dichiarando che «Harvard vuole fare la furba ma gli stiamo facendo il culo (getting their ass kicked)». La violenza dialettica racchiude la sopraffazione che caratterizza un attacco all’impianto tecnologico e scientifico che non ha precedenti nel paese.

LA CERIMONIA di laurea ha intanto voluto ribadire la resistenza al sopruso. Il discorso di presentazione è stato affidato ad Abraham Verghese, un medico etiope laurato a Stanford che ha definito «appropriato» che il ruolo venisse ricoperto da un ex studente straniero come lui. Verghese ha ricordato quanto la professione medica faccia conto sul contributo di laureati provenienti dall’estero. «Veniamo reclutati proprio perché le facoltà faticano a far fronte al fabbisogno di laureati», ha spiegato.

Di verso opposto la narrazione del governo che propone la questione in termini conflittuali e di somma zero ripresi dalla guerra commerciale. Secondo Trump la presenza di universitari stranieri in Usa (oltre un milione) sarebbe uno sfruttamento indebito del paese piuttosto che una misura di prestigio e risorsa per il primato tecno-scientifico americano.

IN QUEST’OTTICA il Segretario di stato Marco Rubio ha alzato il tiro prendendo specificamente di mira gli studenti cinesi attualmente iscritti (circa 300.000), annunciando la «revoca aggressiva» dei visti di studio, soprattutto per richiedenti con «legami al partito comunista» e studenti in «settori critici». La sua retorica si è rifatta alla “minaccia rossa” della guerra fredda e generalmente alla narrazione semplificata del nemico e di una necessaria autarchia.

Trump ha successivamente parlato di una potenziale quota massima complessiva del 15% sugli studenti stranieri aggiungendo un’inintelligibile farneticazione su studenti che ad Harvard «non sanno nemmeno l’aritmetica elementare» (c’è anche chi collega l’astio verso Harvard alla mancata accettazione del figlio Barron).

NELL’ATTACCO alle università si ravvisa tutta la voglia di rivalsa verso le élite di un movimento congenitamente oscurantista, e di una fazione politica che ha strumentalizzato la diffidenza antiscientifica accelerata dalla pandemia. In questo ambito si è inserito anche l’annuncio del ministro della sanità, Robert Kennedy Jr., sulla rimozione dei vaccini anti-covid per gli under-65, e la proibizione per gli scienziati degli istituti nazionali di collaborare con riviste mediche e scientifiche «non autorizzate». Ulteriori segnali della volontà di porre controlli totalitari su scienza e conoscenza.

Tratto dal Manifesto del 30.05.25