Il ritrovamento del corpo senza vita di Aziz, un ragazzo di appena 14 anni a pochi metri dal Centro richiedenti l’asilo (CFA) di Balerna in cui soggiornava, scuote e interroga la società sull’affidamento dei minorenni non accompagnati nelle strutture federali.
Il riale Raggio di Balerna, ad un certo punto del suo corso, divide l’imponente edificio securizzato del Centro federale d’Asilo (CFA) da una delle più grandi raffinerie di oro del mondo, la Valcambi, altrettanto difesa da alte recinzioni e telecamere. La società, dopo un passato targato Credit Suisse e oggi di proprietà del gruppo indiano Rajesh, è stata al centro negli ultimi anni di diversi scandali legati all’opaca provenienza dell’oro, arrivato a Balerna via Dubai in un giro vorticoso di società. In un caso, fu accusata da Swissaid e media svizzeri di aver importato oro da zone di conflitto africane. La Valcambi respinse le accuse, e tutto finì li. Da un lato del riale Raggio abbiamo dunque le merci, dall’altro le persone, entrambe in arrivo dal mondo intero.
Il CFA di Balerna di recente inaugurazione, può contenere fino a 350 migranti, con uno spazio riservato ad una novantina di minorenni non accompagnati suddivisi in nove stanze. Lunedì 31 marzo, nel giorno in cui la sezione ticinese UDC invocava il blocco totale dei richiedenti (le cui domande sono in calo da tempo), nel riale Raggio è stato trovato il corpo esanime di Aziz, un minore quattordicenne non accompagnato residente al CFA da qualche tempo. A ritrovarlo sono stati due richiedenti l’asilo, a tre giorni dall’ultima volta che era stato visto, attorno alla mezzanotte di venerdì, mentre si allontanava dal CFA. Per tre giorni il suo corpo è rimasto sul greto del riale Raggio, a pochi metri dal CFA.
L’inchiesta avrebbe escluso il coinvolgimento di terzi. A fianco del corpo, una bottiglia di superalcolici, ha riferito la RSI. Un fatto che indurrebbe a credere che il ragazzo avesse problemi esistenziali. Come se questo spiegasse la disgrazia. «Poco più di un bambino, hai dovuto essere uomo grande in paesi a te sconosciuti. Hai lasciato il tuo paese e i tuoi cari pensando di finire meglio. Riposa in pace» hanno scritto mani ignote su un cartello appeso ad un albero del riale, vicino al luogo del ritrovamento. «Siamo tutti e tutte colpevoli per la morte di questo ragazzo. Non ti abbiamo protetto. Profonde condoglianze alla famiglia e all’umanità», si legge sul retro del cartello, andando al punto essenziale della questione. Un ragazzo di appena 14 anni, quasi un bambino, è morto sul greto del riale Raggio. Quella parte di umanità che non è morta, è rimasta addolorata e scioccata.
Le acque del Raggio seguono un loro percorso che, ignorando i confini, le porta tappa dopo tappa, a sfociare nell’Adriatico. Se incontrano le correnti giuste, quelle acque potrebbero essere arrivate sulle coste dell’Algeria, paese di provenienza del ragazzo, dove sua madre sta piangendo il suo lutto. L'acqua non conosce i confini.
A evocare il viaggio dell’acqua del riale Raggio è stato Mauro Stanga, membro di Mendrisiotto Regione Aperta (MRA), durante il momento di lutto collettivo promosso dall’associazione al cimitero di Balerna lo scorso sabato 12 aprile a cui hanno partecipato centinaia di persone. Durante il momento collettivo, un secondo punto essenziale scaturito dalla tragica fine di Aziz, si è levato in cielo sotto forma di quesito. È giusto che ragazze e ragazzi non accompagnati si trovino all’interno del CFA?
«Una migrazione a cui non eravamo pronti, quando a partire dagli anni Novanta si è fatta sempre più importante nei numeri» ha ricordato Willy Lubrini, pure lui membro di Mendrisiotto Regione Aperta. «In Svizzera, la politica ha pensato di inquadrare questi ragazzi sotto la legge migrazione, dimenticando che nel 1997 la Svizzera ha sottoscritto la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo. Una contraddizione che deve essere messa in evidenza, perché altri paesi in Europa, pochi, hanno preferito l’altra via. In buona sostanza, quando un minorenne entra in una nazione per chiedere aiuto, significa fin da subito affidare i ragazzi a famiglie disponibili, a foyer e percorsi educativi invece dei centri d’asilo». La tragica morte di Aziz sia dunque l’occasione per affrontare nell’immediato la problematica, per discutere liberamente senza pregiudizi ideologici, come accompagnare nel modo migliore questi giovani adolescenti, ha ricordato Lubrini a nome dell’associazione.
«Ragazze e ragazzi che non hanno bisogno di assistenza, ma di un approccio educativo. Hanno bisogno di papà e mamme che sostituiscano i genitori, per aiutarli a sviluppare un progetto educativo per il proprio futuro» ha spiegato Don Giusto della Parrocchia di Rebbio (periferia di Como), da molti anni impegnato insieme ad altri nel dare un riparo ai minori non accompagnati, alle mamme in difficoltà con figli, a tutte le situazioni di maggiore fragilità legate alla migrazione. «Se la società non lo fa, non vuole o non è in grado di farlo – ha avvertito Don Giusto – è un errore grave di cui si pagheranno le conseguenze, perché riguarda tutti noi». Presenti al momento collettivo, oltre ai molti cittadini comuni, vi erano le insegnanti di Aziz, le quali hanno voluto testimoniare il loro dolore con dei fiori e un cartello: «Ciao Aziz, grazie per ciò che ci hai lasciato, ti abbiamo voluto bene e il Bene è per sempre».
Al CFA di Balerna, una decina di educatori e assistenti sociali si occupano dei minorenni, mentre l’istruzione è garantita da docenti esterni del DECS, che insegnano ai ragazzi all’interno dello stabile. Se i diritti minimi assistenziali paiono dunque assolti, rimane la questione di fondo, se sia corretto che i ragazzi restino alloggiati nei CFA (dove possono restarvi anche fino a 140 giorni), entrando inevitabilmente in contatto con adulti dal vissuto spesso complicato nelle lunghe ore (14) in cui devono obbligatoriamente restare all’interno della struttura. Giovani spesso traumatizzati dalle esperienze vissute durante il viaggio da migranti, con la mente affollata di pensieri su quale speranza di vita migliore possano avere, aggravate dall’assenza del conforto di mamma e papà.
Nel suo rapporto pubblicato nel novembre 2023, dedicato all’analisi della procedura svizzera nei CFA, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati aveva auspicato che «i minori richiedenti asilo non accompagnati dovrebbero preferibilmente essere collocati in un ambiente familiare o comunitario o in alloggi privati supervisionati».
Tratto da area del 17.04.25