BEIT HANOUN, GAZA, 24 marzo 2025. La notte era buia e cautamente tranquilla. Tutti erano caduti in un sonno ansioso. Ma la tranquillità è stata improvvisamente infranta da urla assordanti. Mentre le bombe piovevano, i lamenti dei vicini annunciavano i primi momenti della ripresa della campagna militare di Israele. Beit Hanoun è ripiombata nel panico e nel terrore. Grida di angoscia si sono alzate tra lo stridore delle granate, in una scena che rifletteva l’entità del disastro che stava inghiottendo la città. Questo era solo l’inizio. È seguito rapidamente il massacro di intere famiglie. Colonne di fumo si sono alzate ovunque. I bombardamenti non si sono fermati un attimo, annegando tutto in un’incessante pioggia di fuoco e sofferenza.

L’attacco israeliano continua. L’occupazione sta mettendo in atto la sua brutalità con bombardamenti senza precedenti, lasciando dietro di sé scene orribili di distruzione e spargimento di sangue. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), il numero di martiri negli ultimi sei giorni ha superato i 700, una cifra che dà un’idea del livello dell’indicibile sofferenza umana. L’OCHA riferisce anche che Gaza soffre di una grave carenza di medicinali e di aiuti medici, aggravando una situazione già disastrosa.

Nei primi sei giorni di questa rinnovata operazione militare, il nord di Gaza ha assistito a quattro sanguinosi massacri. Il più atroce è stato il massacro dell’intera famiglia Mubarak, che è avvenuto mentre il dottor Salim Mubarak stava ricevendo le condoglianze di amici e parenti per la perdita di altri familiari avvenuta nei giorni precedenti. In un istante, il loro lutto collettivo si è trasformato in un mare di sangue e parti del corpo. L’intera famiglia è stata uccisa: Il Dr. Salim, sua moglie, i suoi figli, i suoi genitori. Nessuno è sopravvissuto. Un testimone oculare ha riassunto la situazione in modo inequivocabile: “Sono stati uccisi tutti”. Le vittime non si trovavano su un campo di battaglia, ma in una casa in lutto. È stato un crimine in tutti i sensi della parola.

Questo massacro non è stato l’unico: è stato seguito da attacchi successivi contro altre famiglie, tra cui la famiglia Abu Nasr, poi la famiglia Abu Halim, un accanimento che ricorda la ferocia dei bombardamenti all’inizio della guerra, dopo il 7 ottobre. L’aggressione è continua, implacabile, prende di mira civili innocenti in modo indiscriminato, lasciando dietro di sé solo distruzione e morte.

Quando sono arrivato sul posto, non ero pronto all’orrore che avevo davanti agli occhi. Le strade erano piene di morti. Sotto ogni maceria giaceva un martire. Decine di persone chiedevano aiuto da sotto le macerie delle loro case, ma non c’era nessuno che rispondesse. Le urla riempivano l’aria mentre tutti rimanevano inermi. Le mie lacrime non riuscivano a fermarsi. Le scene erano più di quanto un essere umano potesse sopportare. Le ambulanze erano piene di cadaveri, con i corpi e gli arti accatastati e intrecciati tra loro. Non potevamo più distinguere tra bambini e uomini, tra feriti e morti.

All’ospedale Al-Andalus la scena era ancora più dolorosa. L’ospedale era pieno di martiri. Le madri davano un addio silenzioso ai loro figli. Il personale medico lavorava in condizioni terribili, cercando di curare i feriti solo con i mezzi più elementari a disposizione. Era una situazione impossibile, con un numero enorme di morti e feriti che arrivavano a un ritmo spaventoso.

L’aggressione di Israele continua. Massacro dopo massacro, lasciando solo una scia di urla delle madri e di sogni di bambini che si sono trasformati in cenere. Non c’è alcuna giustificazione per questo. Tutto viene schiacciato: le vite di persone innocenti, la loro dignità e le loro speranze di un futuro migliore.

Traduzione dall’arabo di Sharif Abdel Kouddous
Dropsitenews
Traduzione a cura di AssoPacePalestina

 

Il testamento del corrispondente di Al Jazeera Hossam Shabat, che chiese di pubblicare dopo il suo martirio

Se stai leggendo questo, significa che sono stato ucciso, molto probabilmente preso di mira, dalle forze di occupazione israeliane. Quando tutto questo è iniziato, avevo solo 21 anni, uno studente universitario con sogni come chiunque altro. Negli ultimi 18 mesi, ho dedicato ogni momento della mia vita al mio popolo, documentando gli orrori nel nord di Gaza minuto per minuto, determinato a mostrare al mondo la verità che hanno cercato di seppellire. Ho dormito sui marciapiedi, nelle scuole, nelle tende, ovunque potessi. Ogni giorno era una lotta per la sopravvivenza. Ho sopportato la fame per mesi, eppure non ho mai lasciato il mio popolo.

Per Dio, ho fatto il mio dovere di giornalista. Ho rischiato tutto per trasmettere la verità, e ora, finalmente, posso riposare - cosa che non ho saputo fare negli ultimi diciotto mesi. Ho fatto tutto questo per fede nella causa palestinese. Credo che questa terra sia nostra, ed è stato il più grande onore della mia vita morire difendendola. Il suo servizio e quello della sua famiglia.

Vi chiedo ora: non smettete di parlare di Gaza, non lasciate che il mondo distolga lo sguardo da essa, continuate la lotta e continuate a raccontare le nostre storie “finché la Palestina non sarà liberata”.

Per l'ultima volta, Hossam Shabat, dal nord di Gaza.