Il Tages-Anzeiger, da parecchio tempo ormai non più su posizioni di centro-sinistra, è quindi ben lieto di permettergli di pubblicare una sua colonna a scadenze regolari. In una di queste, a inizio luglio, il nostro Rudolf non trova di meglio che sostenere a spada tratta il pacchetto AVS, su cui voteremo in settembre e che come è noto aumenta tra l’altro l’età pensionabile per le donne a 65 anni.

In fondo si dirà, a ragion veduta, niente di nuovo: la destra socialdemocratica è sempre stata una sciagura per le classi e i movimenti popolari. Senza voler risalire all’assassinio di Rosa Luxemburg, ricordiamoci dei già citati Blair e Schröder, degli immani disastri causati dai Clinton, del terrificante rilancio del militarismo tedesco deciso ora da Scholz.

Alle nostre latitudini, come fa anche ora Strahm, la destra socialdemocratica non si è mai attenuta alle decisioni congressuali. Esempio qualificante in Ticino fu l’espulsione dal PST, dopo che avevano vinto al congresso, dei compagni che poi fondarono il PSA. Strahm non è per niente nuovo a queste manovre: dopo aver perso nel 1999 nel Gruppo Socialista delle camere il confronto con Franco Cavalli per la nomina a capogruppo, ingaggiò per un paio d’anni una continua guerriglia interna ma anche mediatica (in un secondo momento sostenuta anche da Cristiane Brunner, nuova presidente del PSS, anche lei socialdemocratica di destra) che spinse Cavalli a dimissionare. Come sempre, il lupo perde il pelo, ma non il vizio.