Una proposta da sostenere. Firmate e fate firmare

 

Una proposta radicale o la rivoluzione sociale del XXI secolo?

Le rivoluzioni sono ormai coperte di polvere in soffitta, ma si possono ancora lanciare rivendicazioni radicali e avere visioni che possono sembrare utopiche. Per esempio, il reddito di base incondizionato (RBI). Soldi per tutti, indistintamente, per poter vivere in (quasi) libertà, senza l’angoscia e la fatica di sopravvivere. 

Se ne parla fin dal settecento, ed è stato proposto in varie forme, ai quattro angoli del pianeta. Negli ultimi anni, con la riduzione del lavoro, è tornato d’attualità un po’ dappertutto. In Europa c’è un’iniziativa che parte dai cittadini per proporre il RBI. In Svizzera abbiamo votato nel 2016 su un’iniziativa popolare che rivendicava l’introduzione di “una rendita mensile, sufficiente per vivere, versata individualmente a ogni persona, dalla nascita alla morte, indipendentemente dalle altre sue fonti di reddito o ricchezze personali”. La proposta è stata bocciata dal 73% dei votanti.

Lo scorso anno è stata lanciata una nuova iniziativa: “La Confederazione garantisce alle persone domiciliate in Svizzera un reddito di base incondizionato. Esso deve consentire di condurre un’esistenza dignitosa in seno alla famiglia e alla società, di partecipare alla vita pubblica e di impegnarsi per il bene comune. Il reddito di base è concepito in modo da contribuire a preservare e sviluppare le assicurazioni sociali. La legge disciplina l’importo e il versamento del reddito di base”. La raccolta delle firme è ancora in corso e si chiude a fine anno.

Riproporre lo stesso tema dopo quattro anni è forse troppo presto? Vedremo, comunque va detto che la storia delle riforme, in Svizzera ma non solo, è lenta. Basti citare il voto alle donne, l’assicurazione vecchiaia e superstiti, la riduzione dell’orario di lavoro, il congedo paternità. 

 

Dignità e autodeterminazione

I promotori dell’iniziativa sostengono che “il reddito di base crea la base per vivere con dignità e autodeterminazione. Perché tutti partecipino equamente alle conquiste dell’economia nazionale. Per più libertà, fiducia e salute. Per meno paura, stress e dipendenza”.

Assieme alla crisi indotta dalla pandemia c’è la crisi del lavoro. Anche se la disoccupazione in Svizzera è relativamente contenuta, il mercato del lavoro in futuro potrebbe essere stravolto. L’OCSE prevede che nei prossimi 20 anni l’automazione nei paesi occidentali possa causare la perdita del 14% dei posti di lavoro e richiedere trasformazioni radicali per il 32%. Anche Elon Musk, dall’alto dei suoi miliardi, ha affermato che: “In futuro il lavoro fisico sarà una scelta. Questo è il motivo per cui penso che sarà necessario un reddito di base universale”.

In Ticino è appena stato pubblicato un ricco studio sul tema, Reddito di base incondizionato, la rivoluzione sociale del XXI secolo, curato da Donato Anchora. A proposito del finanziamento del RBI, punto cruciale della riforma, l’Autore sceglie il modello elaborato dall’economista Martino Rossi.

Riassunto in soldoni, tale modello, propone di versare nelle casse del RBI il 36% dei salari e dei profitti. Su scala nazionale si dovrebbe raccogliere la cifra utile (stimata in 208 miliardi di franchi) per distribuire 2500 franchi a ogni persona domiciliata. In questo modo sotto i 7 mila franchi di salario mensile, il RBI permette di aumentare il reddito, sopra si riduce. Ha un effetto di redistribuzione e quindi di riduzione delle disuguaglianze, ma penalizza gli alti redditi. Nella nostra società, basata sulla ricerca del profitto non sarà facile da far passare. “In un Paese a maggioranza conservatrice come è la Svizzera, è possibile introdurre un modello redistributivo come quello di Martino Rossi solamente attraverso un’iniziativa popolare. – ci dice Donato Anchora - Se riusciamo a trasmettere agli elettori il messaggio chiaro che almeno l’80% dei cittadini avrà da guadagnarci in termini squisitamente finanziari rispetto alla situazione odierna, e che il principio del merito non è toccato, se è vero che i redditi alti oggi sono in buona parte assai disancorati rispetto al merito che ci si mette per guadagnarli (si veda ad esempio le retribuzione dei CEO delle grosse banche), con una decisa campagna possiamo farcela”.

Il lavoro di Anchora, che è un attivista già impegnato con l’iniziativa del 2016, è molto ricco ed elenca i fattori a favore del RBI. Diminuisce le disuguaglianze economiche, favorisce il lavoro parziale, riduce la disoccupazione, stimola le start up o le cooperative, accresce la libertà di ognuno e la democrazia all’interno delle aziende, evita l’umiliazione indotta dalle richieste di aiuti sociali.

 

Cambiare mentalità

RBI presuppone un cambio di mentalità, o di paradigma, nei confronti del lavoro: “Penso che le future dinamiche dell’economia costringerà per forza i cittadini a fare una riflessione sul valore del lavoro, precisa Anchora. Del resto quasi un quarto degli elettori questa riflessione l’ha già fatta, come è emerso alle urne il 5 giugno 2016 in occasione della votazione sulla prima iniziativa popolare sul reddito di base. Ancora più rilevante è però l’atteggiamento della generazione Z, i nati tra il 1997 ed il 2012, che di fatto ha già messo al primo posto il tempo libero ed al secondo posto la carriera lavorativa. È ragionevole immaginare che tale approccio alla vita varrà ancora di più per le successive generazioni. La via è dunque già tracciata, bisogna solo attendere che all’interno dell’elettorato i rapporti numerici tra le varie generazioni si modifichi a favore di quelle più recenti”.

Il punto vincente del RBI è che “promette maggiore reddito a fronte di un minor grado di occupazione per la maggior parte dei lavoratori”. La riduzione delle disuguaglianze deve diventare un obiettivo per tutta la società. Secondo dati Oxfam, 163 milioni di persone sono cadute in povertà per gli effetti economici della pandemia, mentre i dieci personaggi più ricchi al mondo hanno raddoppiato il loro patrimonio. 

Anche il Papa ha detto che “Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti”.

La raccolta delle firme per la nuova iniziativa sul reddito di base va piuttosto a rilento, visto che bisogna raggiungere le 100 mila firme entro la fine dell’anno. Le riforme radicali hanno bisogno di tempo perché vengano comprese e approvate dai cittadini. Ci sono riforme che sembrano utopiche, ma che poi la società accetta e adotta. Il reddito di base sarà una di queste?