Le notizie terribili sui massacri perpetrati dal governo Netanyahu a Gaza fanno ormai solo raramente la prima pagina, proprio perché sono quasi giornaliere, ma anche perché molti lettori non le sopportano più. 

Una volta sono cento morti perché si è bombardato una scuola, dove si erano rifugiate molte famiglie, ma dove si trovava secondo il governo di Tel Aviv anche qualche rappresentante di Hamas (è questo giustificherebbe la strage?). Un’altra volta è la distruzione totale di un ospedale: a Gaza di ospedali funzionanti non ce ne sono ormai quasi più. 

I morti sono già più di 40.000: quasi la metà donne e bambini. Secondo l’unica definizione valida di cosa sia un genocidio, che si trova nella Convenzione internazionale sulla protezione dal genocidio dell’ONU del 1948, per ogni persona di buon senso non c’è ormai più dubbio alcuno che a Gaza è in corso un genocidio. 

Addirittura il Tribunale internazionale dell’Aja, di solito sempre molto diplomatico, nella sua decisione provvisoria (per quella definitiva ci vorrà molto tempo) ha detto che un genocidio da parte di Israele a Gaza è “plausibile”, ordinando poi tutta una serie di misure, che Israele ha bellamente ignorato. 

Anche l’occupazione israeliana dal 1967 dei Territori Occupati, causa fondamentale di tutte le rivolte palestinesi, è ormai stata ufficialmente definita illegale dallo stesso tribunale. E non dimentichiamo l’ordine d’arresto di Netanyahu e del suo ministro della difesa da parte della Corte internazionale. 

Di fronte a tutto ciò Ignazio Cassis, ma anche il Consiglio Federale in corpore, tace. E sì che la Svizzera è depositaria delle Convenzioni di Ginevra, che proteggono le popolazioni civili in caso di guerra. 

Abbiamo quindi un dovere maggiore che non altri paesi di denunciare crimini contro le popolazioni civili. 

Questo silenzio codardo è ancora più assordante se paragonato a tutto quanto è stato fatto a proposito dell’aggressione putiniana dell’Ucraina. Su quel tema le prese di posizioni si sprecano, Cassis ha addirittura partecipato a manifestazioni pubbliche di protesta, si sono spesi centinaia di milioni per organizzare uno show totalmente inutile al Bürgenstock, si è deciso di rubare miliardi all’aiuto ai paesi più poveri del mondo per girarli all’Ucraina per l’opera di ricostruzione (naturalmente ne approfitteranno anche molte industrie svizzere). 

Non solo: in base ad accuse, molto parzialmente verificate su pochissimi casi, di appartenenza a Hamas di membri dell’UNWRA, l’agenzia dell’ONU che garantisce la sopravvivenza della popolazione di Gaza, si è fatto di tutto per tagliare i fondi a quest’unica ancora di salvezza per milioni di persone, affamate ed assetate. 

Perché secondo la più importante rivista medica del mondo (Lancet), se si considerano i dispersi (in gran parte seppelliti sotto le macerie), ma anche i morti di fame e di sete e quelli che non han potuto essere trattati per mancanza di strutture sanitarie, i morti nella striscia di Gaza sarebbero già attorno ai 180.000. Sì, perché la fame ed anche la sete (vedi le notizie di riserve d’acqua fatte intenzionalmente saltare in aria dalle truppe israeliane) sono diventate delle armi molto letali usate in grande stile dal governo razzista di Netanyahu. Ma a Berna si fa vacanza e si tace. 

Che differenza con Flavio Cotti, con cui diversi di noi erano stati spesso parecchio critici. Lui però almeno un po’ di coraggio nel salvaguardare la nostra neutralità e nel criticare i padroni americani l’aveva avuto.