Già nel gennaio 2023, quando vi ero stato l’ultima volta, la situazione era molto grave. Due anni di pandemia avevano azzerato il turismo, entrata principale dell’economia cubana. Washington ne aveva approfittato per cercare in tutti i modi di affamare la popolazione cubana e spingerla così a ribellarsi. Tra l’altro il governo statunitense aveva proibito ai cubani che vivono negli Stati Uniti di mandare soldi a casa, e aveva addirittura inserito Cuba nella lista dei paesi che sostengono il terrorismo, ciò che automaticamente complica enormemente ogni contatto economico con Cuba e colpisce ulteriormente il turismo, obbligando tutti coloro che sono stati sull’isola a farsi dare un costoso e difficile visto per poter andare negli Stati Uniti. È anche per queste ragioni che il Tribunale dei popoli riunito a metà novembre 2023 a Bruxelles, sotto la guida di molti autorevoli professori di diritto internazionale e costituzionale, ha condannato questo blocco durissimo come crimine contro l’umanità, aggiungendo che ci potrebbe addirittura essere almeno intenzionalmente un aspetto di tentato genocidio. In questa situazione già tesa, il governo cubano aveva sbagliato lanciandosi, dopo anni di preparazione, in una riforma economica, che ha ampliato già esistenti tendenze inflazionistiche. Quindici mesi fa però nessuno, forse per scaramanzia, parlava ancora di una situazione simile a quella del “período especial”, quando dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica l’economia cubana era entrata in una gravissima crisi, con un PIL che si era dimezzato e molte attività economiche erano bloccate, per mancanza di alternative. 

 

Peggio del “período especial”?

Globalmente ho trovato, almeno per la popolazione, una situazione probabilmente ancora peggiore rispetto a quella del gennaio 2023. La benzina, il cui prezzo ultimamente è stato aumentato di 5 volte, scarseggia, gli alimenti essenziali ancora di più. Con la “libreta” che dovrebbe assicurare ai meno abbienti l’alimentazione essenziale, si trova molto poco. I prezzi nel mercato libero sono al di fuori delle possibilità per la maggior parte dei cubani: l’inflazione galoppa ormai a più del 50%. Ci sono sempre più apagones, cioè interruzioni di corrente. Tutto ciò ha spinto soprattutto la popolazione di Santiago de Cuba qualche settimana fa a scendere in piazza gridando “Corriente y comida”, cioè, dateci elettricità e da mangiare. Ora anche le autorità riconoscono ufficialmente che la situazione è perlomeno simile a quella del “período especial”, ma forse peggio. Prima di tutto perché non c’è più Fidel, che allora con il suo carisma sapeva trascinare il popolo e dargli speranze. Inoltre, 30 anni dopo, le nuove generazioni non si ricordano più niente del periodo rivoluzionario e hanno perso gran parte delle speranze. Ciò si manifesta in un esodo senza precedenti: negli ultimi 18 mesi più di 300.000 persone, in gran parte giovani molto ben formati, sono emigrate, soprattutto negli Stati Uniti, che per i cubani stendono il tappeto rosso, molto di più ancora di quanto è stato fatto qui da noi per gli ucraini. Parlando anche con membri del Partito, questi riferiscono di riunioni a cui ormai non partecipa quasi più nessun e di uno scoramento totale. Persone ben informate e anche vicine ai circoli governativi, esprimono ormai apertamente dure critiche. Pur riconoscendo che naturalmente la colpa principale di questa situazione è il criminale blocco economico statunitense, che dura ormai da più di 60 anni, tutti avanzano grosse riserve sul fatto che negli ultimi anni non si sia investito quasi niente nell’agricoltura, mentre si son fatti investimenti colossali in grandi alberghi a cinque stelle (soprattutto all’Avana), che attualmente risultano in gran parte vuoti.

 

Qualche lumicino di speranza?

Quindici mesi fa ero tornato, per la prima volta nei tanti viaggi fatti a Cuba, depresso. Stavolta, nonostante una situazione oggettivamente forse peggiore, mi pare però d’intravedere qualche lumicino di speranza. Prima di tutto essendo stato a stretto contatto con molte autorità per i progetti di MediCuba ho potuto personalmente costatare che molti degli ostacoli burocratici che prima c’erano, sono ormai scomparsi e che l’amministrazione statale è in gran parte diventata più efficiente. Le riforme economiche, che hanno aperto la strada a piccole e microimprese, stanno poi dando dei frutti, nel senso che di queste microimprese se ne sono formate già quasi 10.000. Nonostante l’aumento del prezzo della benzina, il traffico all’Avana mi è sembrato più intenso. E malgrado tutti gli ostacoli orchestrati dagli Stati Uniti, anche il turismo sembra a poco a poco riprendere quota. La prossima estate sarà molto importante: con il calore infernale e quindi l’enorme aumento dell’uso dell’aria condizionata (senza la quale non si sopravvive) il problema energetico potrebbe diventare molto più acuto. E allora le proteste potrebbero di nuovo scoppiare. Se questi piccoli segni di miglioramento che ho notato si amplificheranno, passato il momento critico dell’estate, una volta ancora Cuba potrebbe sorprenderci: già 30 anni fa nessuno avrebbe scommesso un franco che Fidel sarebbe riuscito a far uscire vittorioso il suo governo dal “período especial”. Ma purtroppo lui non c’è più. Ragione supplementare per noi di intensificare il nostro lavoro di solidarietà.