L’esempio arriva dalla propaganda municipale infilata nel sito ufficiale della Città di Lugano. È l’ultima puntata della diatriba tra chi vuole mantenere vivo uno spazio pubblico di sport e svago a favore della cittadinanza, la Piscina di Carona, e chi invece vuole chiuderla se non s’impone il proprio concetto di pubblico-privato, il Municipio luganese. Della questione se ne è già parlato su queste colonne, ma vista la crescente obiezione popolare alla tracotante esecutivo ceresiano, val la pena ritornarci.
Sul portale istituzionale della Città, dove di norma appaiono le informazioni sugli orari di apertura e prezzi d’ingresso delle strutture sportive, alla voce piscina di Carona da qualche tempo è comparsa la versione municipale dei motivi della chiusura dello stabilimento da quest’anno. Alla rubrica “domande frequenti”, sono state pubblicate online le risposte municipali all’interrogazione sottoscritta da otto consiglieri comunali, primo firmatario Edoardo Cappelletti. L’interrogazione di Cappelletti e colleghi presentata a fine anno prendeva spunto dalle richieste formulate dal Comitato Parco Piscina di Carona di aprire lo stabilimento balneare al pubblico la prossima stagione e di rendere accessibile alla popolazione l’intero anno il meraviglioso parco circostante sul modello del parco Ciani. Quanto contenuto sulle pagine istituzionali non è informazione, ma opinioni veicolate per fatti, senza nessun controbilanciamento o verifica di quanto affermato. Propaganda al posto dell’informazione, insomma. Surreale. Facciamo un esempio.
La riapertura della piscina e il progetto del campeggio privato glamour del Tcs, sono due cose ben distinte. La piscina potrebbe restare aperta ad un costo irrisorio per una città come Lugano, in attesa che la giustizia evada i ricorsi sulla decisione municipale di rendere edificabile un terreno situato in una zona di protezione federale dell’Arbostora, dove al posto di prati e alberi dovrebbe sorgere il campeggio glamour del Tcs. La riapertura della piscina o il suo risanamento potrebbero avvenire a prescindere dalla costruzione del campeggio. Si ricorda che il comune di Lugano investirebbe 10 milioni di franchi per riammodernare lo stabilimento balneare, mentre il Tcs non spenderebbe nemmeno un franco nel progetto, limitandosi a pagare l’irrisorio affitto di 68mila franchi annui per 15mila metri quadrati dove costruirci il suo glamour camping.
Il Comitato, alla cui serata di fondazione ha visto la numerosa partecipazione di cittadini e di associazioni o movimenti del territorio, sta dunque avanzando la legittima richiesta di mantenere aperta al pubblico la struttura balneare in attesa che lo Stato di diritto sia espletato. Anche perché ci potrebbero volere anni. Oltre 5’600 cittadini la pensano così, avendo sottoscritto la petizione promossa dal Comitato. I tempi tecnici dei Quaderni non consentono di raccontare la consegna delle firme del 31 marzo, che si preannuncia “colorata”. Per contro, la risposta dall’esecutivo luganese alla domanda popolare già la si conosce. Picche. La piscina di Carona resterà chiusa perché avete osato far ricorso contro la nostra illuminante proposta, aveva già spiegato tempo fa il vicesindaco Roberto Badaracco sulle colonne del Corriere del Ticino.
Ricorda un atteggiamento visto nei campetti in gioventù. La palla è mia e me la porto via. Fine della partita. Un atteggiamento sprezzante che denota una visione distorta del dibattito democratico e del bene pubblico, confuso come fosse “roba sua”. Non è una novità. È l’atteggiamento tipico degli amministratori luganesi nei confronti di chiunque si opponga ai loro piani. Sia esso il faraonico polo sportivo o il piano direttore di Brè, l’atteggiamento è sempre sprezzante.
Nel caso di Carona, politici e funzionari dirigenti del Dicastero sport sembrano animati da sentimenti di ripicca, confondendo il bene pubblico con una cosa propria. Oppure fingono di non volerlo capire. Perché il vero nocciolo della questione è proprio lui, la famigerata concezione di rapporto pubblico privato in salsa luganese. «Se la città investe 6 milioni di franchi nelle infrastrutture della Piscina (a fronte di 1 solo milione investito dal privato) e poi cede ai privati la maggior parte del terreno, significa che in realtà privatizza gli utili e socializza le perdite. Si tratta di un investimento problematico per la finanza pubblica, perché vuol dire che lo Stato si assume i costi, ma permette al privato di incassare gli utili» aveva ricordato il titolare della Cattedra di macroeconomia ed economia dell’Università di Friborgo, il professore Sergio Rossi, intervenendo sul tema Carona.
L’identica impostazione del rapporto pubblico privato la si ritrova nel Polo sportivo. Socializzare le perdite, privatizzare i profitti. Voler far credere il contrario, in buona fede o in maniera truffaldina, non lo sappiamo con certezza. Ad ogni modo, si dimostra di non capire una mazza dell’interesse pubblico.