La prima riguarda il voto operaio e popolare: com’era stato il caso anche negli Stati Uniti (La disfatta del male minore, Editoriale, Quaderno 52), buona parte delle fasce sociali più diseredate, schiacciate nella morsa neoliberista nelle condizioni contrattuali sempre più precarie, hanno abbandonato la sinistra tradizionale.

La SPD ha difatti raccolto un misero 12% del voto operaio, di cui il 38% è andato all’estrema destra di AfD, che oltretutto ha un programma dichiaratamente antisindacale. Questa è anche la ragione principale per cui l’Afd è risultato essere il primo partito in tutti i Länder dell’Est, molto più poveri di quelli della vecchia Germania dell’Ovest e dove i problemi sociali si sono accumulati negli ultimi anni. Come è capitato negli Stati Uniti ed in parte anche in Francia, le sinistre liberal hanno perso di vista le classi popolari e queste, in risposta, le si sono rivoltate contro. È un risultato inequivocabile.

La seconda lezione riguarda il consenso della sinistra radicale che, data per morta solo qualche mese fa, ha sfiorato il 9% ed è risultato il partito più votato dai giovani tra 18 e 29 anni (24%). Questo risultato è stato confermato una settimana dopo nelle elezioni regionali ad Amburgo dove la Linke si è attestata al 12%, staccando nettamente l’AfD. Dopo l’uscita di Sahra Wagenknecht, la Linke ha ora sterzato a sinistra (vedi intervista con Jan van Aken, Quaderno 54, che pubblicheremo a breve sull'online), rafforzando il suo messaggio antifascista e anti-bellicista, ma soprattutto concentrandosi sulle politiche di welfare, casa e salari. È stato particolarmente evidente ad Amburgo dove la preoccupazione maggiore è quella dell’esplosione del prezzo degli affitti.

La sinistra liberal, cioè quella socialdemocratica classica, è ormai in crisi dappertutto. L’unica vera speranza per bloccare l’ondata dell’estrema destra è ormai da ricercare in una radicalizzazione delle posizioni di sinistra, come è avvenuto in Germania, ma anche con la France Insoumise di Mélenchon in Francia.