Di rapporti tra Svizzera e Europa se ne parla da parecchi anni; dapprima come argomento di auspicate relazioni tra due entità. Verso la fine del secolo scorso si propose l’eventualità dell’adesione del nostro Stato in un organismo maturato negli anni 50, da parte di sei Stati. Ora ne conta 27 dopo l’adesione dopo il 1990 degli Stati ex sovietici. Fu allargata ideologicamente e politicamente, e verso l’Europa orientale, la concezione di occidente.
Gli anni più intensi di dibattito, con relative votazioni federali. si sono avuti nel 1992: i favorevoli a questo mutamento di grande spessore avevano suscitato una discussione impegnata con gli avversari, fautori del motto “Svizzera indipendente”. Il primo passo avrebbe dovuto essere la nostra entrata nello “spazio economico europeo” preludio alla futura adesione all’UE. Il dibattito suscitò notevole entusiasmo, soprattutto nei partiti di sinistra e nella gioventù. Fieramente contrari furono gii ambienti tradizionali e avversi alle novità che il nuovo assetto avrebbe prodotto. Invece per tutti coloro che intendevano vivere eventi non strettamente limitati ai nostri confini, si aprivano nuovi orizzonti e nuove prospettive, e ciò senza trascurare i problemi della Svizzera, compreso il suo federalismo. Uno scontro con chi si limitava alle problematiche rigorosamente attinenti solo al nostro paese, a sostegno dell’ isolamento.
Il responso popolare del 6 dicembre l992 fu negativo: sia nel popolo di stretta misura (1.786.708 NO e 1.782.872 SI – percentuale: 50.3 contro 49.7) sia in modo netto nei cantoni: 16 negativi e 7 positivi. L’esito dei responsi cantonali fu chiaro: le città (presenti nei cantoni più popolosi) favorevoli, le valli e le campagne contrarie. Interessante è pure la ripartizione linguistica: i romandi risposero positivamente, gli svizzero tedeschi in modo contrario. In un certo senso fu l’inizio di quella contrapposizione che, confermata da successive consultazioni popolari, venne denominata Röstigraben. Il Ticino rispose con un NO piuttosto netto (85582 pari al 61.5%): un risultsto che si verificò anche in successive prese di posizioni che videro i ticinesi condividere questa tendenza tescofila, non priva anche di una connotazione politica, dovuta alla crescita decisa (per chi scrive preoccupante) della destra a livello nazionale e nell’elettorato ticinese, in corrispondenza con l’orientamento assunto nel fratttempo dal PLR.
Questa tendenza verso destra merita di essere inquadrata in un contesto europeo, che registrava pure au aumento della destra, sia di quella tradizionale, sia dell’estrema. Anche le opinioni mutarono: l’Unione europea divenne sempre più l’espressione delle idee contrarie al progresso sociale e di concezioni legate al localismo e al nazionalismo, scettiche sulla cooperazione con gli altri Stati, compresi quelli che sono parte integrante dell’UE. Per cui nei rapporti tra quest’ultima e la Svizzera (sia negli organi politici sia nella popolazione); la nostra posizione cambiò radicalmente di profilo: le questioni di dissenso non erano più limitate a questioni giuridiche e economiche, ma finirono in una contrapposizione di principio. Anche per la presenza a livello ideologico di elementi che stanno pesantemente condizionando le impostazioni basilari dell’UE, e mettono in causa la concezione della democrazia. È già da vari decenni che questo organismo pratica una politica contraria agli interessati collettivi, dando la preferenza alle iniziative di carattere privatistico; di questa tendenza sono un chiaro esempio l’assetto delle istituzione scolastiche, dove gli istituti privati sono favoriti, e l’attacco al servizio pubblico.
Dopo il rifiuto svizzero della via che chiuse le porte all’Europa, furono messe in atto altre possibilità per un accordo. Dapprima con le trattative che prospettarono negli accordi bilaterali, che diedero anche buoni risultati, ma con gli anni persero efficacia. I negoziati furono sospesi nel 2001, per riaprirsi su altre basi: le parti intrapresero un confronto comprendente punti essenziali per le autorità svizzere, relativi alle competenze della Confederazione e a deroghe rispetto alle norme europee; si trattò soprattutto del diritto europeo in sostituzione di quello svizzero e del riconoscimento di normative svizzere nel quadro dell’UE. Nel 2021 su iniziativa elvetica le trattative ripresero sotto forma di mandato negoziale: fu fissato un termine per concludere un accordo.
Ma i negoziati si svolsero in coincidenza con un peggioramento dell’assetto europeo. Un elemento di valore simbolico fu la nomina del dittatore ungherese Victor Orban (che non esita a manifestare il suo disprezzo per la democrazia e per il liberalismo) quale presidente del Consiglio europeo. Questo autocrate filofascista annunciò davanti all’assemblea da lui diretta la sua ferma intenzione di cambiare radicalmente l’UE, su principi chiaramente antidemocratici. Da sottolineare che non mancano Stati che sono decisi ad appoggiarlo.
Altri elementi che daranno da riflettere si sono registrati in paesi di primo piano. In Germania il partito che si ispira al nazismo, l’Allianz für Deutschland, ha registrato un preoccupante incremento della sua forza nelle elezioni tedesche. In Francia, il presidente Macron ha adottato un piano per ovviare alla sconfitta del suo partito: ha formato un governo di centro-destra nonostante la vittoria nelle elezioni parlamentari delle formazioni di centro-sinistra. Nè può essere dimenticata l’Italia, governata dalla destra, con un governo debole e maldestro presieduto da Giorgia Meloni, che supplisce alle sue carenze con una parlantina che le procura non poche simpatie nell’Europa. Suo vice-presedente del governo, il capo della Lega Matteo Salvini, é un tipico esponente della destra più squallida, e sostenitore acceso di Trump.
In conclusione, il quadro che si offre al governo svizzero e alla cittadinanza non è per nulla confortante; alle aspettative della destra, ora già maggioritaria, si possano aggiungere le perplessità di coloro che temono, da un’adesione all’UE come si presenta ora, una lesione dei principi che reggono la nostra democrazia. Una prospettiva che consente poche speranze.
Nota della RedazioneIl contributo dell’ex-Sindaco di Locarno è stato scritto alla fine del 2024. Purtroppo non ha trovato spazio nel Q53. |