Incapace di proteggere il nucleo di Brè, non in grado di contrastare il traffico in centro, in perenne ritardo con le ciclopiste, inetto e maldestro in tema di centro sociale autogestito, eccetera, eccetera.
Due perle recenti di un Municipio che sprofonda nel ridicolo. Fra le misure di risparmio la città ha deciso di annullare l’aperitivo di Natale per i dipendenti, dopo aver spedito gli inviti. Inoltre, in nome dell’austerità, verrà introdotto l’obbligo del francobollo sulla busta per il voto per corrispondenza: di fatto, una misura per ostacolare la partecipazione al voto!
L’ultima pensata è la decisione di chiudere la “vetusta” (Badaracco) piscina di Carona. Un centro balneare che è stato per sessant’anni un fiore all’occhiello del villaggio ai piedi del San Salvatore. Per sessant’anni, appunto, il piccolo comune è riuscito a gestire la piscina. La grande (a parole) Lugano invece non ce la fa: costa troppo, afferma il Municipio, che la chiude e la svende.
“Garantire piena efficienza alle infrastrutture di svago quale la piscina è un impegno preciso che Lugano assumerà appieno”: è quanto scriveva la commissione per la fusione al Consiglio di Stato nel 2011, in vista dell’aggregazione. Promessa rivelatasi una perfetta presa per i fondelli…
La città di Lugano ha deciso in ottobre di chiudere la piscina comunale di Carona per i prossimi anni. Almeno finché non sarà pronto il Glamping (campeggio di lusso) gestito dal Touring Club.
Un progetto assurdo, condiviso pedissequamente da un consiglio comunale da sempre sonnecchiante, sinistra compresa. Giustificato con il linguaggio pernicioso dei pianificatori che parlano della sinergia tra pubblico e privato dove, regola aurea, il pubblico paga e il privato incassa.
Di fatto, un bel regalo della città al TCS, del valore di 10,5 milioni di franchi, con tanto di cessione di diritto di superficie per decenni! In cambio, il TCS pagherà 68 mila franchi all’anno quale canone d’affitto: bruscolini.
Dunque, ci sono più di dieci milioni per l’operazione TCS, ma non si trovano 350 mila franchi per far funzionare la piscina ogni anno. Aprire la piscina – secondo Roberto Badaracco, responsabile della cultura e dello sport – significa “buttar dentro soldi che vanno in niente”. Questo perché da quando Carona è diventato un quartiere di Lugano, la città non ha curato la manutenzione dell’impianto balneare. E qui basta ricordare lo stato pietoso e vergognoso delle docce di Cornaredo, che hanno compiuto i settant’anni senza che venissero regolarmente riparate. Quindi, o Glamping o niente: un aut aut che gli abitanti hanno definito “ricatto”. Contro il progetto di campeggio di lusso ci sono, per fortuna, diverse opposizioni, perché la variante di Piano regolatore, su cui dovrà esprimersi il Consiglio di Stato, “non risponde a nessun interesse pubblico” e inoltre è “illegittima e in contrasto con più di una legge”.
“I parchi concorrono a una qualità di vita che fa bene a tutti, abitanti e turisti. – scrive Laboratorio Carona – E nei quali nessuno si immagina di calare un glamping per pareggiare il bilancio. Sono pregiate strutture pubbliche e tali devono restare per l’uso di tutti. Anche la piscina di Carona con il suo parco è una struttura pubblica della città che deve potere servire l’intera città”.
L’interesse pubblico, il benessere dei cittadini, in campo ricreativo e sportivo, per il Municipio di Lugano equivale dunque a “buttar dentro soldi che vanno in niente”. Niente di nuovo sotto il cielo di Lugano: gli abitanti valgono niente. L’architetto Benedetto Antonini, vicepresidente della STAN, ha sintetizzato anni fa lucidamente: l’aggregazione luganese è stata un atto di colonialismo. Sfruttare le risorse delle periferie per espandere il proprio potere.
Ormai l’unica cosa su cui sembra puntare la città sono i bitcoin, la moneta digitale. I cittadini di Carona e di Lugano non avranno più la piscina, ma potranno tuffarsi nella vasca dei bitcoin, come novelli Paperon de’ Paperoni.
A questo punto, c’è da chiedersi se gli abitanti di Carona abbiano ancora voglia di pagare le imposte comunali.