Ciò che noi intendiamo per agonismo e che definiamo ‘sport’ non ha nulla a che fare con il suo progenitore, il greco agon, che in età arcaica è quanto di più orribile e crudele si possa immaginare: ‘…e bramavano di massacrarsi l’un l’altro col ferro puntuto’ – Omero.
Ma se la guerra è ‘flagello dell’uomo’ perché gli umani la ’bramano? ’ Perché agon è la prova suprema come ci dice lo spartano Tirteo: ‘gettatevi sul nemico con lo scudo sollevato, sia benvenuta la morte, cupo fantasma felice come il giorno radioso’.
Libano Zanolari, storico giornalista sportivo della RSI, attivo dalla metà degli anni settanta agli inizi del duemila, ha pubblicato una sorta di autobiografia che contiene pungenti osservazioni sullo sport e sul mondo. “La vita, lo sport e il mondo” uscito per le Edizioni Ulivo di Balerna: “è un libro molto particolare e sorprendente, che merita per diverse ragioni di essere letto e meditato”, scrive il poeta Fabio Pusterla nella Prefazione. L’idea di Zanolari era quella di pubblicare le poesie raccolte in una vita, ma Pusterla ha visto nelle capacità narrative di Libano l’occasione per sviluppare il racconto di una carriera: “il risultato attuale è dunque un costante dialogo tra prosa e poesia, tra racconto disteso e folgorazione”, annota Fabio Pusterla. Riassumere l’opera è impresa ardua. Vi invitiamo alla lettura del libro. Abbiamo colto l’occasione per chiedere a Libano Zanolari di tracciare una sua breve storia dello sport, passione che lo accompagna da sempre. |
Per Eraclito il conflitto cruento ‘è ‘Padre e Signore di tutte le cose’. La legge di guerra impone l’uccisione di tutti gli uomini vinti, la riduzione in schiavitù di donne e fanciulli. La Bibbia va oltre (Samuele, 15:2-3): ‘Dio comandò a Saul e agli israeliti: sconfiggi Amalec, vota allo sterminio tutto ciò che gli appartiene: uccidi uomini e donne, bambini e allattanti, buoi e pecore, cammelli e asini’.
Menachem (Re, 15:16) dopo aver distrutto la città di Tifsach ‘fece sventrare tutte le donne incinte’.
Lo spietato agon primitivo, l’istinto di sopraffazione che secondo Tucidide è innato, domina sino al 700 a.C, quando il contadino-filosofo Esiodo stabilisce che Eris, dea dell’odio e del dolore, genitrice di agon, ha due nature: ‘una genera la nera morte, favorisce la discordia e la guerra; l’altra è buona per i mortali: spinge l’uomo inetto al lavoro per invidia del ricco possidente: lo induce a seminare e a piantare come lui, a mettere in ordine la sua casa’.
Nello stesso tempo l’oracolo di Delfi, la Pizia, riceve la visita del re degli Elei Ifeto, stufo di vedere la sua gioventù perire in guerra. ‘RIPRISTINATE I GIOCHI OLIMPICI, sentenzia, segno che qualche forma di agonismo senza spargimento di sangue esisteva già prima del 776 a.c. Olimpia diventa un perimetro sacro nel quale il ‘ferro puntuto’ di Omero, il giavellotto, non trapassa più il petto del nemico, ma è scagliato il più lontano possibile.
L’agon buono di Esiodo, sulle tracce di Platone che accomuna lo sforzo atletico a quello del filosofo alla ricerca della verità, è celebrato ogni 4 anni di fronte a una gigantesca statua d’oro e d’avorio di Zeus, opera di Fidia, alla presenza dei massimi filosofi, storici e scultori greci.
Il Sapiente persiano Anarcarsi, non capisce questo culto del corpo (nudo) e chiede a Luciano di Samosata perché dovrebbe assistere a simili spettacoli: Luciano gli risponde per bocca del saggio Solone: ‘vedresti forme umane meravigliose, corpi capaci di ogni prodezza’.
Quel corpo e quelle forme che entrano in un conflitto con la nuova fede, il Cristianesimo, che Costantino ha promosso a religione di Stato dell’Impero romano. I seguaci di Gesù di Nazareth da perseguitati gettati alle belve diventano persecutori del ‘paganesimo’ greco sino a vincere, sull’uscio di casa nostra (ma non ce ne siamo accorti…) uno storico ‘Kulturkampf’. Nel 393 il vescovo milanese Ambrogio impone all’imperatore Teodosio la cancellazione della massima assemblea umana del tempo, l’Olimpiade, dopo 1609 anni di egemonia culturale; il corpo è peccaminoso, prigione dello spirito. Paolo di Tarso spiega che la corona olimpica è peritura, quella del cristiano è eterna perché ha la promessa del Paradiso. Girolamo si ritira nel deserto, flagella la carne con il digiuno nel tentativo di sconfiggere Eros (‘ventre e genitali sono contigui’) ma confessa a Eustachia che talvolta (quel horreur!) ‘è perseguitato in sogno dalla visione di fanciulle danzanti’.
Passano 1503 anni e ll cattolico De Coubertin, Bartali ante litteram, dichiara ‘tutto sbagliato, tutto da rifare’: la vecchia scuola (la sua) ‘è depositaria di una filosofia tarlata: gli antichi sapevano che l’esercizio fisico dà una sana ebbrezza al sangue chiamata gioia di vivere. Corpo e anima non sono entità separate: dobbiamo ricomporle, non senza fatica’. Arriva a dire che l’esercizio fisico ‘aumenta l’affettività fra i coniugi’. Amen.
Sconvolto dai robusti prussiani di Von Moltke che a Sedan travolgono i pallidi gagà francesi dediti ai bordelli e alle fumerie d’oppio, dopo aver visitato i college di Boston, Londra, Eton e Rugby e preso nota del ritorno dell’educazione fisica nella formazione degli allievi (muscular Christianity), rifonda i Giochi Olimpici (1896). Dapprima con un arrière-pensée sciovinista, (rebronzer, rinvigorire la Francia), più tardi per promuovere la convivenza pacifica degli umani al di là di ogni razza e religione, (ma come per i greci, ad esclusione delle donne!) in una competizione incruenta, educando la gioventù a risolvere i conflitti con il rispetto e la conoscenza reciproca.
Ai nostri giorni lo sport ha perso ogni funzione pedagogica, l’aspetto ludico è sostituito dall’imperativo di vincere a tutti i costi, a partire dalle gare fra i ‘pulcini’. Avidi investors americani e cinesi (a Como indonesiani) sino a poco fa anche russi, calano sulle squadre di calcio europee, alla ricerca della gallina dalle uova d’oro, speculando sul giovane talento comprato a 10 da rivendere a 100, sui diritti televisivi (un campionato d’élite in Europa vale un miliardo annuo) ma anche sulle strade che lo sport apre nelle grandi Città. Real Madrid, Barcellona e Juventus hanno tentato di formare una Superlega con poche altre squadre, una specie di ‘Cosa Nostra’ dei ricchi per papparsi l’intera torta dei diritti TV e degli sponsors.
Il corpo dell’atleta, spesso adulterato dal doping, è una merce da comprare e vendere come una vache-reine o un cavallo di razza. Il mercato è onnipotente. Tra i tifosi della ‘curva’ comandano avanzi di galera che si ammazzano fra di loro come nella Chicago di Al Capone, non prima di aver ricevuto l’omaggio della squadra a fine partita. In una società dalla competizione esasperata (mors tua, vita mea) lo spettatore si illude di trovare allo stadio quel calore umano, quella fratellanza, quella solidarietà che non esiste nella vita reale. Lo sport, la partita, come ‘Ersatz’, sostituzione di ciò che non dà la società, e anche mezzo per dimenticare la tristezza settimanale, oppio al posto del culto ellenico e di ogni altra ‘religione’.