Un anno e mezzo fa Marina Carobbio diventava Consigliera di Stato e direttrice del Dipartimento Educazione, Cultura e Sport (DECS) dopo molti anni di attività politica in un legislativo, dapprima a livello cantonale, poi a livello federale in entrambe le camere nazionali.

Proponiamo qui una chiacchierata con lei per capire in particolare, ma non solo, qual è la scuola che vorrebbe Marina Carobbio per il Ticino.

Se tu dovessi utilizzare 3 parole per riassumere questo anno e mezzo di governo in Ticino cosa diresti?

Impegnativo, bisogni, soluzioni Impegnativo perché da un lato ho dovuto conoscere e approfondire temi nuovi legati al dipartimento che dirigo, il DECS, che è un dipartimento molto grande, con 5300 dipendenti compresi 4700 docenti cantonali, che si occupa, oltre che di educazione – che comprende anche la vigilanza sulle scuole comunali e sulle Università – anche di cultura e sport. Dall’altro, nonostante la necessità di investire di più per rispondere ai bisogni della popolazione e del territorio, siamo confrontati non solo con oggettive difficoltà finanziarie, ma anche con chiare maggioranze politiche di centrodestra che vogliono indebolire sistematicamente lo Stato, il servizio pubblico e le prestazioni alla popolazione. Ciò impedisce la ricerca di soluzioni tra le forze politiche, in un momento dove ce ne sarebbe invece più che mai bisogno. Perché il momento è davvero difficile: basti pensare all’impoverimento di una fetta crescente della popolazione, alle diffuse difficoltà dei giovani, delle famiglie, di una parte crescente dell’economia a cui si aggiunge, in Ticino, l’esplosione dei premi cassa malati. Per questo vi sarebbe e vi è la necessità urgente e non rimandabile di investire nella formazione e nella creazione di posti di lavoro di qualità con salari dignitosi.


Se tu dovessi di nuovo utilizzare poche parole, diciamo al massimo 5, per definire la scuola che hai scoperto entrando in Governo cosa diresti?

Mi permettono di utilizzarne sei e non solo parole bensì anche frasi. Certamente riprenderei quanto dice l’art. 1 della legge sulla scuola, ossia che la scuola è un’istituzione educativa al servizio della persona e della società. Essa è però anche una comunità di apprendimento, che necessita di essere coinvolta e resa partecipe delle scelte che la riguardano: un sistema educativo può crescere solo se è capace di coinvolgere le sue componenti nei processi di cambiamento. Ed è quanto sto facendo ed intendo continuare a fare: ascoltare e discutere con gli insegnanti, con le allievi e gli allievi, le famiglie, le direzioni scolastiche ma anche le associazioni magistrali , i sindacati e le organizzazioni del mondo del lavoro, in particolare per quanto riguarda il settore professionale. Una necessita di ascolto che ho sentito fortemente al mio arrivo al DECS, che èda parte mia un vero progetto politico in cui credo molto e che ritengo assolutamente necessario per rafforzare il sistema educativo ticinese. Un progetto politico non facile e lungo che, nonostante ciò, continuo a portare avanti.
La scuola necessita di investimenti sia per garantire questi principi, sia per riconoscere e rispondere alle esigenze emergenti di una società in continuo mutamento, adattando con cura programmi, contenuti e approcci, per un’educazione capace di guardare al futuro. Purtroppo però la necessità di investire nell’educazione non è sufficientemente riconosciuta a livello politico. L’educazione sta inoltre diventando un campo di battaglia politico, nel quale non solo si confrontano legittime visioni differenti, ma che sta diventando sempre più l’arena in cui lanciare attacchi frontali e pesantissimi da parte di chi vorrebbe far diventare il nostro sistema scolastico a due velocità, escludendo chi fa più fatica e ha meno risorse familiari e sociali a sostenerlo.


L’inclusività nella scuola è attaccata frontalmente quasi ogni giorno in particolare dal Partito liberale nazionale che sembra soffrire di un’allergia acuta e incontrollabile rispetto ai principi dell’inclusione stessa. A chi come me è stato per decenni attivo nella scuola verrebbe da dire che nella scuola se non si lavora per includere di fatto si decide coscientemente di escludere anche se non si ha il coraggio di usare apertamente questo termine. Come ti poni di fronte a queste affermazioni?

Concordo con te. Oggi c’è chi vuole rendere la scuola esclusiva. Eppure la scuola, oltre ad essere un luogo educativo e di incontro, è specchio della società, ma permette anche alla società di crescere nel rispetto delle diversità, garantendo le pari opportunità e possibilità di sviluppo di ognuno. La scuola è, cioè, motore di coesione sociale. C’è allora da chiedersi perché sia ritenuto ragionevole e utile avere l’obiettivo, ad esempio da parte dei liberali a livello nazionale, di voler lasciare indietro una parte delle giovani e dei giovani del nostro Paese grazie ad una scuola “esclusiva”, quando sarebbe invece più che mai opportuno e saggio, di fronte alle sfide che ci aspettano, poter contare sul numero massimo di cittadine e cittadini per remare insieme verso una Svizzera più forte e vincente. Venir meno a questi principi infatti vuol dire dividere, escludere e accrescere le diseguaglianze.

Ti propongo alcune affermazioni descrittive sulla scuola. Ti chiedo di svilupparle come meglio credi, di ignorarle, farle tue o cucirle in modo tale da raccontarci poi qual‘è la scuola che vorrebbe riuscire a realizzare Marina Carobbio in Ticino:

  • la scuola è un’istituzione fondante per la democrazia o la scuola è un servizio per la popolazione che deve poter scegliere cosa e quanto prendere dalla scuola stessa?
  • è necessario poter disporre di tutti gli strumenti, e le relative risorse, dentro e fuori la scuola, per creare nella scuola quella comunità del sapere, del conoscere, dello scoprire, del crescere, dell’apprendere, del suscitare e stimolare la curiosità. ecc., cioè quella comunità capace di rendere ogni allieva e ogni allievo un cittadino responsabile, cosciente di sé e di quello che lo circonda e quindi libero
  • l’inclusione è uno strumento e non un fine
  • esiste un limite massimo di inclusione praticabile nella scuola di tutti.

La scuola è un’istituzione fondante per la democrazia che deve garantire alle bambine e ai bambini, ai giovani e alle giovani gli strumenti necessari per raggiungere sì degli obiettivi formativi, ma anche per diventare dei cittadini consapevoli , responsabili e partecipi del processo democratico. La scuola non è e non deve quindi essere un servizio prevalentemente a favore dell’economia ma deve contribuire a formare delle cittadine e dei cittadini responsabili in grado di affrontare le sfide che incontreranno sul loro cammino nel lavoro e nella vita. Ecco perché è necessario poter disporre di tutti gli strumenti, e le relative risorse, dentro e fuori la scuola, per creare nella scuola quella comunità del sapere, del conoscere, dello scoprire, del crescere, dell’apprendere, del suscitare e stimolare la curiosità. ecc., cioè quella comunità capace di rendere ogni allieva e ogni allievo un cittadino responsabile, cosciente di sé e di quello che lo circonda e quindi libero. Investire nell’educazione e nei giovani, e quindi nella scuola, è la chiave per lo sviluppo di qualsiasi paese. Per questo è importante investire nell’inclusione, che non è un fine ma un mezzo per assicurare ad ognuno pari opportunità, equità e accessibilità al sistema scolastico e quindi garantire il pieno diritto alla formazione e ad essere parte della società. In proposito il sistema ticinese tiene conto già oggi della necessità di differenziare la presa a carico. In Ticino coesistono classi a effettivo ridotto (composte unicamente da allieve e allievi con bisogni educativi particolari) e classi inclusive. Per queste ultime è prevista la presenza di docenti di pedagogia specializzata che lavorano in codocenza con i docenti titolari; in questo modo è possibile mantenere la giusta proporzione che permette di gestire adeguatamente l’intero gruppo classe.


Iniziativa gruppo PLRT sulla scuola: cosa ne dici? Scuola à la carte o scuola per tutti?

Come Governo prenderemo posizione sull’iniziativa elaborata depositata dal gruppo PLR in Gran Consiglio. Come Dipartimento abbiamo incontrato l’associazione la Scuola che ha lanciato questa proposta. Senza voler entrare ancora nei dettagli perché, come detto, dovrà esprimersi il Governo, il progetto merita un approfondimento ed è positivo che susciti dibattito. Esso però non può prescindere dalla necessità di continuare a garantire a tutte e tutti gli allievi ticinesi pari opportunità e un’offerta formativa completa, l’accessibilità al sistema scolastico e, sull’altro fronte, i mezzi finanziari adeguati per garantire le migliori condizioni di insegnamento alle docenti e ai docenti.


Docente di Mendrisio: una storia infinita. Ci aiuti a capire?

Purtroppo non posso esprimermi come vorrei, non posso entrare nel merito, dal momento che c’è una procedura in corso. Quello che posso dire è che viviamo in uno Stato di diritto, in cui le decisioni delle autorità possono essere contestate nelle sedi deputate a questo, ossia davanti alla giustizia. Colgo l’occasione per ribadire che il benessere degli allievi e delle allieve, come pure del corpo docente, nel caso specifico del Centro professionale tecnico (CPT) di Mendrisio, è una priorità del DECS. Ecco perché ho dato seguito a una richiesta d’incontro avanzata dagli allievi ed ex allievi del CPT di Mendrisio. In quell’occasione i ragazzi hanno avuto modo di esporre il loro vissuto. Le questioni da loro sollevate hanno portato ad approfondimenti. Nell’ambito di questo scambio sono inoltre state fornite ai ragazzi indicazioni sui servizi e sui sostegni esistenti a loro disposizione in seno alla scuola e alla DFP in caso di difficoltà o anche per segnalazioni. Recentemente ho ribadito la mia disponibilità ad accoglierli; sono infatti a disposizione degli allievi, delle famiglie e dei docenti dell’istituto scolastico in caso di necessità, anche per eventuali nuovi incontri.
La scuola accompagna gli individui per un lungo periodo della loro vita. Cosa vorresti lasciare come ricordo del tuo essere stata responsabile della scuola in Ticino Una scuola accogliente, accessibile a tutte e tutti, in grado di insegnare ma anche di ascoltare i bisogni di chi va a scuola ma anche di chi insegna. Vorrei far crescere la scuola non solo in termini di investimenti a lei dedicati per poter rispondere al meglio ai bisogni educativi e alle necessità formative, ma vorrei far crescere anche la comunità scolastica come tale.
Accanto a ciò vorrei garantire ai giovani reali possibilità di scelta al termine della scuola dell’obbligo, riconoscendo meglio le opportunità della formazione professionale. In questo senso la transizione dall’obbligo al post obbligo è fondamentale e va rafforzata anche per quei giovani più fragili e per superare gli stereotipi di genere che ancora, purtroppo, esistono.


Ricerca e università in Ticino: come vedi il futuro?

La presenza di scuole universitarie e centri di ricerca in Ticino è fondamentale, non solo per il nostro cantone ma per tutta la Svizzera. Sono fermamente convinta che il mondo della formazione e della ricerca debba essere consolidato e sviluppato anche in ambito universitario, puntando su quei centri di eccellenza di cui disponiamo. Ecco perché mi sto impegnando molto per sostenere il settore biomedico, che oltre ad avere centri di ricerca di altissima qualità, può portare posti di lavoro altamente qualificati nella ricerca per l’appunto, ma anche nei servizi e diventare quindi attrattivo per molti giovani.
E però indispensabile anche trasmettere e rendere più permeabile il sapere. Ecco perché l’università, oltre ad essere un luogo di studi, d’insegnamento accademico, di ricerca, deve essere anche capace di creare legami forti con il territorio. Oggi più che mai abbiamo bisogno che l’università dialoghi con il mondo al di fuori dall’accademia, che sia un fattore di crescita sociale e culturale, che faccia da ponte con le altre realtà del cantone e del mondo che ci circonda. Con particolare attenzione al mondo del lavoro, ma anche con le realtà culturali e sociali.