LOS ANGELES 7/11/2024 – “Non dovrebbe essere una grande sorpresa che un partito democratico che ha voltato le spalle ai lavoratori sia stato abbandonato dalla working class.”

Non ha fatto sconti l’analisi di Bernie Sanders nel day after elettorale. Il senatore del Vermont si riferiva al tracollo dell’affluenza democratica (67 milioni di elettori rispetto agli 81 milioni di quattro anni fa) a fronte della tenuta dei trumpisti (72 milioni, rispetto ai 74 milioni del 2020).

Sanders, ricordando la disuguaglianza che nel boom economico e finanziario ha arricchito i ceti abbienti, mentre il 60% degli Americani non arriva a fine mese, ha ricordato anche che oggi molti lavoratori hanno meno potere d’acquisto dei propri genitori. “Mentre i leader democratici difendono lo status quo,” ha aggiunto Sanders nella sua analisi, “i lavoratori d’America sono arrabbiati ed esigono un cambiamento. Hanno ragione.”

Sanders si è detto scettico sulla prospettiva di un ravvedimento dei vertici del partito, troppo indebitati coi grandi finanziatori, ma ritiene che non vi si altro superamento della crisi, che affrontare di petto un’oligarchia sempre più dilagante. “Nei prossimi giorni e settimane chi è impegnato in politica di base e interessato alla giustizia economica, dovrà intavolare delle serie discussioni.”

Lo scontro elettorale americano ha riprodotto quello fra establishment lib-dem e destre nazional populiste in atto in molte democrazie occidentali. In mesi recenti l’Europa ha trattenuto il fiato per la prospettiva di ribaltoni post fascisti in Francia e in Germania, per poco evitati. Sotto l’attacco di un demagogo recidivo e pluricondannato è “caduta” invece la democrazia “faro” della superpotenza USA ed è difficile sopravvalutare le conseguenze a livello planetario.

Il paradosso, più lampante, se possibile, nell’America di Trump, è come il voto di protesta sia confluito in uno schieramento allineato come non mai con gli interessi della plutocrazia, quella, perdipiù, fortemente investita in robotica ed intelligenza artificiale, le prossime minacce che incombono sui lavoratori.

Il trasferimento massiccio di voti operai verso le destre non è certo appannaggio esclusivo del nazional populismo americano, ma Donald Trump ha saputo sfruttare i rancori ed i deficit di riconoscimento con meno scrupoli e maggiore cinismo. E in un personaggio come Elon Musk ha trovato una controparte ideale, un finanziatore generoso che ha convertito un’intera piattaforma social in organo di propaganda, fautore iperliberista dello stato minimo e partner nel degradare, attraverso la disinformazione, quella realtà condivisa che è condizione della pratica democratica.

Musk è stato inoltre ponte prezioso verso quell’universo dove il maschilismo performativo si salda con il messianesimo tecnologico. Nella “coalizione di fanatismi” che è il movimento Maga, l’emergente fazione militante di Silicon Valley (che ha espresso il vice presidente in pectore JD Vance) si è affiancata alla componente cristiano-nazionalista che è colonna ideologica del movimento.

Il programma del Trump “plenipotenziario” è dunque propedeutico al progetto di un nuovo capitalismo tecnologico, delle piattaforme, dell’automazione robotica e dell’intelligenza artificiale. Quello di un’oligarchia che intende consolidare, sotto l’egida della meritocrazia e dell’“efficienza,” il proprio monopolio.

Intanto il progetto passa per gli sconti fiscali, concordati da Trump con la classe “sponsor”, ovvero nuovi profondi tagli alle tasse sulle imprese. Nel suo primo mandato, Trump aveva firmato un regalo fiscale di 2000 miliardi abbassando le aliquote corporate da 35% a 21%. Ora è in programma un ulteriore riduzione al 15%.

È il prosieguo delle politiche che, nel primo mandato, avevano fruttato risparmi sulle tasse di 60000 dollari all’anno al primo 1% dei redditi ma solo 500 dollari al 60% inferiore. I nuovi tagli aggiungeranno 9000 miliardi al deficit pubblico col plauso del partito che fu del rigore fiscale.

Un’altra priorità delle corporation è l’azzeramento delle regulation sull’industria. Ai petrolieri Trump ha promesso l’abrogazione dele restrizioni sul trivellamento. Molti industriali hanno chiesto anche la testa di Lina Khan, nominata da Biden alla Federal Trade Commission, (l’authority federale del commercio). Khan ha intentato cause antitrust contro Amazon e Google, colossi di un monopolio industriale, quello dei dati, non visto dai tempi della gilded age di inizio novecento.

Con un Trump indirizzato da Musk, gli interessi monopolisti dei giganti di internet torneranno ad essere ben tutelati. Per non dire di quelli dello stesso Musk, le sue costellazioni di satelliti privati, gli incentivi pubblici per le sue auto elettriche e le commesse miliardarie per i lanci spaziali (e le loro prossime applicazioni militari.) L’investimento politico di Silicon Valley sta per fruttare lauti dividendi.

Il “Project 2025,” il programma di governo stilato dal think tank conservatore Heritage Foundation, non lascia adito a dubbi sull’agenda integralista e ultra liberista del 

Trump bis. La privatizzazione ad oltranza di settori sempre più ampi dello stato, dall’educazione (già annunciata l’abolizione del ministero di pubblica istruzione), alla salute, messa in mano al negazionista no-vax Robert Kennedy. Kennedy ha già annunciato che interi dipartimenti dell’authority per farmaci e vaccini (FDA) dovranno essere “rivisti.” Facile immaginare una analoga sorte per la Evironmental Protection Agency (EPA) ed altri enti per la protezione dell’ambiente, già falcidiati otto anni fa, poi ricostruiti da Biden.

Avvertendo di “conseguenze globali che dureranno il resto delle nostre vite”, Alexandria Ocasio Cortez ha ricordato che “non c’è ritorno, dallo sfondamento dei 2,5 gradi di riscaldamento atmosferico” che certamente seguirà l’abbandono annunciato delle politiche ambientali USA.

Tutto nell’ambito della “decostruzione dello stato amministrativo” inserita nel programma 2025. Sotto copertura della crociata allo stato profondo, Trump si muoverà rapidamente per eliminare costrizioni burocratiche al proprio potere. Il manuale prevede l’epurazione dello stesso apparato governativo, con profondi tagli all’organico dei dipendenti statali e la sostituzione con una burocrazia molto ridotta e composta da lealisti (20000 nomi sono già stati individuati con una vasta operazione di selezione che usa tecnologia IA appaltata alla Oracle di Larry Ellison). Dietro alla “meritocrazia” e la “gestione aziendale” dello stato, si cela l’eliminazione di elementi “ostili,” atti ad intralciare, come fecero nel primo mandato, il potere del presidente. Nel mirino c’è, ad esempio, il corpo diplomatico che il carteggio della Heritage Foundation definisce un covo di liberal che remano contro l’abilità del presidente di imporre la propria agenda geopolitica.

A questo riguardo, gli illustri ospiti stranieri, come Nigel Farage ed Eduardo Bolsonaro (figlio dell’ex presidente brasiliano) invitati a Mar A Lago la notte delle elezioni, anticipano le alleanze globali che segneranno la seconda presidenza Trump. L’agnosticismo morale di Trump metterà alla prova la tesi del “pacifismo trumpista,” che taluni si ostinano a voler immaginare, come se l’opportunistico isolazionismo che si annuncia potesse “distrarre” gli Stati uniti dall’egemonismo, invece di collocarli in perfetta sintonia con i regimi di Putin, Netanyahu, Bin Salman, Milei e la marea montante degli illiberismi nativisti e fanatici.

Tutto questo, e l’allineamento col progetto integralista religioso per un egemonismo “culturale” capace di azzerare le conquiste di 50 anni di riforme sociali, preannunciano il tentativo di deragliare l’’esperimento americano di democrazia plurale ed inclusiva, sui binari di un capitalismo estremista ed autoritario. Un assetto che allineerebbe la superpotenza occidentale alle post democrazie securitarie di stampo ungherese ed al fanatismo teocratico come quello israeliano.

“Dio mi ha risparmiato la vita per una ragione, per salvare l’America,” ha detto Trump nel discorso della vittoria. “Ora lotterò per voi con ogni mio respiro,” ha proseguito, “Non avrò riposo finché non vi avrò consegnato l’America prosperosa che voi ed i vostri figli meritate. Sarà l’età aurea del nostro paese.”

La soluzione finale della empia alleanza fra demagogo, nuovo capitale e ultra reazionari.