“La grande ambizione” di Andrea Segre che racconta la vita di Enrico Berlinguer, ha avuto generalmente una critica molto positiva, in Italia. Solo Luciana Castellina sul Manifesto ha avuto il coraggio di stroncarlo, dicendo che presenta un Berlinguer che parrebbe essere un “liberal” nel senso americano. Formalmente il film è ben fatto, per larghi tratti anche accattivante, non da ultimo perché lo spettatore è catturato dalla figura tormentata di questo politico, la cui popolarità in Italia aumenta con il passare del tempo. Sono interessanti anche gli spezzoni tratti da documenti dell’epoca, belle le scene sulle mitiche feste dell’Unità.
Dal punto di vista politico però, pensando ai dibattiti attuali, è in buona parte un’occasione mancata. Manca tutto il secondo Berlinguer, quello che dopo il fallimento del tentativo del Compromesso Storico, vira a sinistra, va davanti ai cancelli di Mirafiori, rilancia la lotta operaia e il fronte popolare. C’è molto poco sul Movimento Studentesco, quasi niente su tutto quanto c’era in quegli anni alla sinistra del PCI, salvo concentrarsi sugli attentati delle BR. Manca anche tutto il Berlinguer della questione morale: la sua figura risulta così parecchio monca e forse meno interessante per i dibattiti politici dei giorni nostri. Troppo spazio invece è riservato al dibattito con l’Unione Sovietica, la cui realtà è presentata in un modo un po’ troppo irritante e talora al limite del grottesco. Globalmente a me sembra quindi, nonostante le molte lodi, dal punto di vista politico un’occasione piuttosto mancata.