I dati proposti nell’annuario statistico “La Suisse en chiffres” 22-23 indicano come il rischio di povertà in Ticino tocchi il 21.6% della popolazione, contro il 15.6% registrato a livello svizzero.
Un’elaborazione del 2024 delle cifre sul rischio di povertà in Europa propone per il Canton Ticino dati ancora più allarmanti, assegnando al nostro Cantone un bel 27.9% (vedi cartina che segue), un livello, cioè, paragonabile a quello di regioni tra le più povere in Europa (Romania, Serbia, Kosovo, ecc.).
Le persone che convivono quotidianamente con la povertà o che hanno redditi bassi sono costrette a fare scelte di vita diverse rispetto al resto della popolazione su tanti fronti.
Per fare solo un esempio, tra i tanti possibili, queste persone rinunciano quasi 8 volte più spesso alle cure dentarie e 4 volte più spesso alle cure mediche rispetto a chi ha un reddito più alto (come ricordato anche da Spartaco Greppi in un recente convegno di Soccorso d’inverno), con importanti conseguenze evidentemente sulla loro salute (ma non solo!).
Inoltre nonostante la Svizzera (e con essa il Ticino) sia una nazione ricca, il tasso di povertà infantile è relativamente elevato e soprattutto ha registrato un aumento evidenziato da un recente studio dell’Unicef:
(https://www.unicef.ch/de/aktuell/medienmitteilungen/2023-12-06-Wohlstands-land-Schweiz-Steigende-Kinderarmut).
Il che vuol dire che un numero significativo di bambini trascorre almeno tre anni della propria vita in condizioni di povertà. Diventa allora molto importante interrompere questo circolo vizioso in cui vivono questi bambini per dar loro l’opportunità di costruire davvero il loro futuro lasciandosi alle spalle la povertà.
Certo, in Ticino c’è un’importante rete sociale per le fasce più delicate e fragili e la logica dovrebbe consigliare alla politica di fare tutto il possibile per contenere la crescita o, meglio, per far diminuire il numero già molto significativo di poveri in Ticino che sono costretti a far capo a questa rete.
Invece la maggioranza politica fa l’esatto contrario, concentrata, governata e direi vincolata com’è, nelle sue decisioni, quasi esclusivamente a parametri quantitativi e risparmistici, senza la volontà e forse anche la capacità di saper guardare oltre il proprio naso e l’immediato per capire le necessità della popolazione, dei territori ma anche dell’economia stessa! In Ticino non c’è, e sembra non si voglia far nulla perché ci sia, una visione strategica di sviluppo in grado di fornire risposte efficaci sia ad una situazione sociale in costante peggioramento, sia alla fragilità della sua economia.
Manca una politica economica degna di questo nome, in grado di proporre soluzione di sviluppo economico e di contrastare la politica dei bassi salari che da tempo la fa da padrona in Ticino e che sembra essere considerata, dalla gran parte della maggioranza politica di questo cantone, quasi l’unico fattore di attrattività per le attività economiche (e gli esempi non mancano, cominciano dall’insediamento recente di Zalando sul nostro territorio!), quasi si puntasse a far diventare il Ticino terra di delocalizzazione.
In questo modo, grazie a questa inerzia e alla mancanza della capacità, nonché del coraggio necessari per proporre scelte di indirizzo economico, non si fa altro che far crescere le fasce di popolazione che ce la fanno bene ad arrivare alla fine del mese, a far scivolare la classe media bassa verso la povertà e a non far tornare a casa più i nostri giovani alla fine della loro formazione.
Senza dimenticare che spalleggiando e sostenendo, nei fatti, questi indirizzi economici si fa crescere il bisogno di prestazioni sociali che sembrano ormai aver perso la loro funzione di equi strumenti per ridistribuire la ricchezza all’interno della società, per diventare concretamente lo strumento “assistenziale” più efficace per questa economia “di rapina” che non fa altro che ribaltare sullo Stato gli effetti negativi dei salari inaccettabili da essa corrisposti.
Un approccio economico che sembra purtroppo essere comunque ben presente sui tavoli dei partiti borghesi ticinesi che danno la priorità, nei fatti, a ridimensionare con l’accetta alcune tra le poche attività economiche ticinesi che garantiscono salari accettabili, anche se ancora lontani dai livelli svizzeri, proponendo, con tanto di lustrini e l’incomprensibile e a mio giudizio suicidale sostegno del mondo economico, un’iniziativa per tagliare poco meno di 600 posti di lavoro nell’amministrazione cantonale in 5 anni usando, come al solito, il metodo della ghigliottina (facendo cioè capo a pensionamenti, partenze e morti) al posto di proporre una diminuzione degli addetti basato su una seria analisi dei bisogni e sulla necessità di garantire la qualità dei servizi!
E questo nonostante sia più che evidente come il Ticino abbia bisogno di tutt’altro! Siamo infatti una regione in cui, su 40’000 aziende, più del 90% ha meno di 10 dipendenti e in cui sono solo 64 le aziende che ne hanno più di 250 (tra cui appunto lo Stato). Senza dimenticare che il Ticino è il cantone con la media salariale più bassa, inferiore di oltre 1000 franchi a quella svizzera e, contemporaneamente, il cantone con i premi di cassa malati più alti, cresciuti di oltre il 10% ancora nel 2024.
E allora che fa la maggioranza politica per sostenere il reddito dei ticinesi e non far crescere ulteriormente il popolo dei poveri? Beh, coerentemente con la cecità fin qui dimostrata, taglia, tra le altre cose, i sussidi di Cassa malati producendo per le persone/famiglie colpite da questa misura un’importante contrazione del reddito frutto del contemporaneo impatto, da un lato, della cancellazione del sussidio e, dall’altro, dell’aumento di oltre il 10% dei premi. Del resto, la stessa maggioranza, da diversi anni, sta lavorando per erodere, fettina dopo fettina, anno dopo anno, le risorse necessarie per garantire servizi e prestazioni di qualità, con ricadute molto importanti sulla rete sociale e appunto le sue prestazioni.
Indignarsi oggi è un dovere! Opporsi a questo modo di fare politica è necessario, mobilitarsi in prima persona per promuovere uno sviluppo sostenibile e inclusivo, che abbia come obiettivo prioritario la crescita dei salari e un’equa redistribuzione della ricchezza è molto urgente!