Voglio ricordare Giorgio Bellini come figura dell’immanenza, cioè immerso corpo e anima nella società che stava costruendo e che era radicalmente alternativa all’immaginario e alle pratiche esistenti. A cominciare dalla lotta di fabbrica, 1969/70, alla Monteforno e alla Savoy. In queste lotte avviene l’incontro fra gli operai dell’immigrazione, soprattutto, e gli studenti. L’obiettivo perseguito di continuo era di spezzare “La pace del lavoro” per nuove condizioni di vita. In questo tempo c’è il passaggio di Giorgio Bellini a Zurigo, in un certo senso dalle lotte di fabbrica alle lotte urbane. 

Giorgio e Marina aprono la libreria EcoLibro, alla Engelstrasse, nel centro del quartiere operaio migrante, ma anche dell’operaio multinazionale, ma anche dei “segundos”, i figli degli operai di vecchia immigrazione. La libreria diventa un luogo di riferimento di tutti i gruppi italiani, svizzeri e tedeschi. Lì si faceva lavoro politico che però si accompagnava a un lavoro di acculturazione. 

Giorgio era un leader politico che capiva la vita, che anticipava il desiderio, che voleva stravolgere l’ordine esistente. Sovente, nelle manifestazioni, gruppi di giovanissimi portavano cartelli con lo slogan in italiano “Tutto subito”.

In quegli anni, anche, erano attivi a Zurigo movimenti di scontro urbano contro il nucleare a cui Giorgio partecipava. Quando passano all’azione, lui e altri, fanno saltare il padiglione informativo della centrale di Kaiseraugst, ma solo dopo essersi assicurati che nessuna persona potesse essere ferita.

Giorgio Bellini non è mai stato dalla “parte sbagliata”