Negli ultimi mesi ci sono stati ben quattro morti sul lavoro in Ticino, un numero enorme pensando alla nostra piccola realtà. Nel commento alla Regione hai parlato della necessità di fare “una riflessione sul tema”. Non sarebbe forse indicato che il sindacato reagisca più duramente a questi omicidi bianchi, p. es. organizzando degli scioperi?

Un numero non solo enorme, ma anche drammatico, e assolutamente inaccettabile. E si, senza dubbio, la reazione dovrebbe essere più forte ed efficace, da parte di tutti. Ma ovviamente, la risposta del sindacato non si è limitata alla dichiarazione citata, che deve essere contestualizzata. Mi spiego. Il lavoro del sindacato parte sempre da un postulato essenziale: ci muoviamo assieme ai lavoratori, e non al loro posto.

Prendiamo l’esempio dell’incidente mortale sopravvenuto nel novembre 2022 in un cantiere di Bellinzona. Due settimane dopo il dramma, una cinquantina di lavoratori si sono riuniti sul cantiere dove era avvenuto l’incidente. Al termine di quell’assemblea, è stata votata una risoluzione con una serie di rivendicazioni. Le riprendo nell’ordine. Prima di tutto è stato denunciato un contesto, quello del cantiere, in cui l’aumento di volumi di lavoro e produttività, accompagnato dalla contemporanea diminuzione del numero dei lavoratori, provocano de facto un aumento della speculazione e della pressione sui tempi di consegna, causa diretta dell’aumento del numero degli incidenti gravi. I lavoratori hanno denunciato il fatto che le campagne di prevenzione ed i controlli non incidessero e non permettessero di invertire la rotta in materia di sicurezza, e per questo si sono rivolti con specifiche richieste a tutti gli attori in campo. A cominciare dai committenti, perché rivestano maggiore sensibilità sul tema e aggiudichino i lavori con termini di consegna ragionevoli e sviluppino controlli permanenti sul rispetto di leggi e regolamentazioni in vigore. Le associazioni padronali so no poi state chiamate ad assumere fino in fondo le proprie responsabilità, ponendo al primo posto non il pro fitto ma la ricerca quotidiana del rischio zero. Ma anche direzioni lavori e studi di progettazione devono reagire, ponendo al primo posto condizioni di lavoro e qualità del lavoro eseguito. Infine, i lavoratori hanno rivendicato che gli organi di controllo utilizzino tutti gli strumenti legali e contrattuali a disposizione in modo fermo, deciso e immediato, e che magistratura e forze di polizia intervengano in modo competente, rapido ed efficiente. “La fatalità non esiste, esistono chiare responsabilità e [rivendichiamo] la necessità di cambiare atteggiamento nei controlli affinché questi si sviluppino in modo maggiormente duro e proattivo”, si legge in conclusione di questa risoluzione, che chiede in ultimo alle organizzazioni sindacali di porre sempre il tema della tutela della salute e della sicurezza quale priorità della propria attività.

Tornando ai drammatici incidenti mortali avvenuti negli ultimi mesi, l’analisi è la stessa, pur se i settori di lavo ro sono diversi. Prendiamo ad esempio quello della sicurezza privata, che ha registrato due dei quattro incidenti mortali che hanno contraddistinto questo drammatico 2024. Vi sono prima di tutto alcuni aspetti tecnici su cui stiamo preparando una campagna a livello nazionale. Ad esempio, come accettare che la formazione dispensata ad un agente di sicurezza sia nettamente meno importante di quella fornita ad un agente di polizia, per un’attività in alcuni ambiti molto simile, ad esempio nella gestione del traffico, dove sono stati registrati i due incidenti mortali di marzo e agosto 2024? Poi, si pone una questione eminentemente politica: può lo stato delegare una delle sue funzioni fondamentali ed identitarie (quella dell’esercizio della sicurezza e del rispetto delle leggi) al privato, senza assicurarsi che l’azienda svolga il suo lavoro correttamente e nel rispetto delle norme vigenti? E come può decidere chi nello specifico svolgerà una determinata attività, basandosi in primis sul costo della stessa? Penso ovviamente alla questione dei concorsi pubblici per gli appalti, per cui la tendenza al ribasso dei costi sembra non arrestarsi.


Insomma, le cause principali degli incidenti sul lavoro sono le stesse in ogni settore: aumento dei ritmi di lavo ro, spasmodica ricerca della riduzione dei costi, diminuzione della massa salariale, conseguente aumento della pressione sul posto di lavoro. Come ho già dichiarato ad Areaonline il 30 luglio scorso, la posizione del sindacato è chiarissima: “una parte di questi decessi è conseguenza diretta delle pressioni imposte al lavoro. Per pressioni intendiamo quelle sui tempi di consegna, al dover lavorare sempre più in fretta e sempre più a lungo. Le conseguenze portano a non lavorare in sicurezza”.

A fronte di questa analisi, la richiesta di reazione da parte di tutti gli attori coinvolti, origine della vostra domanda. Constatiamo che nessuno ha colto questa richiesta, ciò non fa che rinforzare la necessità di aumentare ancora il nostro impegno nella lotta per la protezione della salute e della sicurezza di lavoratrici e lavoratori. E stiamo lavorando in questo senso.


Da quanto mi risulta (conosco due esempi recenti nell’industria del legno) ci sono sempre più ditte che scaricano i loro dipendenti su agenzie interinali, pur continuando ad impiegarli poi quasi sempre loro. Questo perché naturalmente così facendo possono peggiorare le condizioni salariali degli impiegati. Quanto diffusa è, secondo voi, questa pratica e cosa si può fare contro?

Si, la pratica è assolutamente diffusa, come quella dell’assunzione di personale unicamente per il tramite di agenzie interinali, applicato da un numero sempre più importante di aziende. Questo, con il doppio obbiettivo di precarizzare le condizioni di lavoro del dipendente, e di appaltare all’esterno dell’azienda (all’agenzia interinale quindi) il lavoro di gestione del personale. Per rispondere alla domanda sul “che fare? ”, da un punto di vista strettamente giuridico, la questione è abbastanza semplice: i contratti possono essere modificati soltanto con il consenso delle due parti. Ma “poser la question, c’est déjà y répondre”: nel contesto giuridico attuale, opporsi a queste modifiche è molto difficile. Quindi la prima cosa da fare, è proseguire in fretta con il lancio dell’iniziativa per la protezione contro il licenziamento già votata dal congresso 

UNIA prima e da quello USS poi. Poi, ancora una volta, il sindacato deve fare un lavoro di informazione capillare sui posti di lavoro e nei settori professionali per contrastare queste derive. La risposta sindacale a un fenomeno che abbiamo già definito come “diffusore di povertà” non può che essere un efficace e concreto rafforzamento delle tutele di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori.


Da sempre OCST è attiva anche politicamente: è arrivata addirittura a sostenere Fabio Regazzi, uno dei peggiori rappresentanti della destra padronale, alle ultime elezioni federali. Da un’associazione che si definisce sempre ancora un sindacato è una vergogna. UNIA, soprattutto forse ultimamente, sembra però molto restia ad intervenire su temi politici generali, contrariamente un po’ a quanto sta capitando p. es. con la CGT in Francia e la CGIL in Italia. Come mai?

Non sono d’accordo con l’affermazione per cui UNIA sia restia ad intervenire sui temi politici generali. Proprio pochi giorni fa il sindacato ha vinto una terza importante battaglia a difesa delle pensioni, dopo quelle di marzo che hanno permesso di introdurre una 13° AVS e affossare la richiesta della destra di innalzare l’età di pensionamento. Il trionfo ottenuto nelle urne contro la riforma del secondo pilastro è un chiaro esempio della volontà di portare avanti battaglie politiche, e di vincerle! Penso poi a temi quali la giustizia fiscale dove il sindacato è sempre schierato, ma anche quelli dei diritti dei migranti, e nella solidarietà internazionale. Insomma, nessun passo indietro in questo campo, anzi. Se invece la domanda fa riferimento all’eventuale sostengo a candidature negli appuntamenti elettorali, il sindacato porta avanti questa scelta in coerenza con la priorità messa sul lavoro sindacale, ben sapendo che questa scelta è spesso soggetta a discussione. Discussione che evidentemente non preoccupa altre sigle sindacali, ad esempio quella da voi citata. La domanda dovrebbe però essere posta ai lavoratori a loro associati che, seguendo le indicazioni di voto del proprio sindacato, hanno finito per eleggere il presidente di un’associazione padronale.