Bisognerà, una volta o l’altra, fare la storia di quei socialisti e sindacalisti che scelgono di diventare paladini del liberismo, quando cambiano padrone. Per timori reverenziali, fragilità personali, banale opportunismo, rincorsa del dio denaro? O forse sono solo persone con un alto senso del dovere di servizio, servitori sempre e comunque, indipendentemente da chi sia il padrone. O ancora si tratta della sindrome del socialismo realizzato: la sinistra funziona quando si oppone e critica, ma fallisce quando va al potere. L’ultimo caso di questo fenomeno è Serge Gaillard, già segretario generale dell’Unione sindacale svizzera poi passato all’amministrazione federale e diventato braccio destro dell’UDC Ueli Maurer alle finanze. Il pensionamento non l’ha fermato, anzi: l’ultima prodezza del zelante voltagabbana è lo studio presentato a inizio settembre dal gruppo di esperti che presiede, con proposte di risparmio miliardarie per le finanze federali.

I tagli sono forse indispensabili? Nossignori! Lo stesso Gaillard ha affermato che i cinque miliardi di tagli previsti per il 2030 rappresentano “solo” il 5% circa delle uscite della Confederazione. In termini contabili, intervento irrilevante, non necessario, ma socialmente iniquo. Dal 2006, Confederazione e Cantoni hanno accumulato eccedenze per decine di miliardi di franchi. Dal 1993, il rapporto tra spese dello Stato e prodotto interno lordo (PIL) è stabile. “Il capitale proprio dello Stato – ha dichiarato il copresidente del Partito socialista Cédric Wermuth – si situa ormai a più di 100 miliardi di franchi, circa 12 mila franchi per abitante. Lo Stato svizzero, nel suo insieme, non è indebitato, ma fortunato. Siamo di fronte a un concetto ideologico rigido che ci impedisce di investire, mentre molte persone sono confrontate con problemi seri per far fronte ai costi dell’alloggio e dell’assicurazione malattia. La destra si rifiuta di ammettere lo scacco della sua politica fiscale a favore dei ricchi”. 

Le misure di risparmio proposte sono una sessantina: 
politica migratoria, politica energetica e climatica, riduzioni degli investimenti nei fondi stradali e ferroviari, taglio del 20% a Svizzera turismo, abolizione del sostegno indiretto alla stampa, contenimento di spesa per la cooperazione internazionale, riduzione del 10% del contributo al Fondo nazionale per la ricerca scientifica, riduzione di 300 milioni di franchi dei costi per il personale dell’Amministrazione. Per finire con tre perle: riduzione del contributo della Confederazione al finanziamento dell’AVS (già deciso dal governo), abolizione delle prestazioni per la custodia dei bambini (asili nido) e tagli all’assicurazione malattia obbligatoria. Unica voce di spesa a non essere toccata è quella per l’esercito: si prevede solo come variante subordinata un eventuale rallentamento della spesa a favore dei nostri guerrafondai in grigioverde!

Il progetto è chiaro: si tratta di un attacco allo stato sociale, una politica di austerità che colpisce gli strati più deboli della società e che finirà per incrementare le disuguaglianze sociali.

Non un accenno a nuove entrate, salvo l’eventuale introduzione di un’aliquota unica dell’IVA al 6,8%. L’imposta più antisociale, perché colpisce tutti i consumatori indistintamente.

Non una mezza idea su possibili imposizioni fiscali ai guadagni delle multinazionali e dei super ricchi. L’anno scorso gli azionisti delle grandi aziende hanno incassato 45 miliardi di franchi. Roche 7,9 miliardi, Nestlé 7,8, Novartis 6,5, e Zurich Insurance 3,7 miliardi. Negli ultimi dieci anni gli azionisti svizzeri hanno intascato 444 miliardi di franchi di dividendi. Per l’ex sindacalista Gaillard, per il Consiglio federale e per i partiti borghesi la scelta liberista non si discute. Il problema non è finanziario, è solo politico: lo ha detto bene Gaillard: “Alla fine si tratta di una ponderazione politica”, vale a dire un attacco reazionario alla socialità, alla politica climatica, alla ricerca scientifica.

Le proposte del pensatoio Gaillard andranno in consultazione, poi dovranno essere discusse in Parlamento. Sarà indispensabile lottare, sui banchi di Palazzo, per cercare di bloccare questa scure neoliberale.